Danze dell'inferno by Stephanie Meyer

Danze dell'inferno by Stephanie Meyer

autore:Stephanie Meyer [Meyer, Stephanie]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: ebook gratuito - vietata la vendita
pubblicato: 2012-04-24T12:32:43+00:00


Come per magia, mio padre entrò in modalità “genitore gioviale” e, borbottando qualcosa a proposito di frittelle, infilò le scale. Barnabas gli stava andando dietro ma lo afferrai per un gomito, costringendolo a fermarsi.

«Quindi la versione ufficiale è che tu e Seth mi avete portato a casa e per il resto della serata ho guardato la tele, giusto?», chiesi per capire sino a che punto avrei dovuto provvedere da sola al contenimento dei danni. «E non ho avuto nessun incidente, giusto?», aggiunsi. Lui annuì. «C’è qualcuno che si ricorda di ieri sera?».

«Non tra i vivi», rispose Barnabas. «Ron ha fatto le cose per bene. Devi piacergli parecchio». Lo sguardo gli cadde sul ciondolo che avevo al collo. «O forse gli piace la tua bella pietruzza nuova».

Sentendo tornare l’agitazione gli lasciai libero il braccio proprio mentre mio padre chiedeva a gran voce dalla cucina se Barnabas restava per colazione. Mi lisciai il vestito, mi passai una mano sui capelli arruffati e a passi misurati seguii Barnabas giù per le scale. Mi sentivo davvero strana. Un anno. Be’, meglio che niente. Forse non ero proprio viva ma, per dio, non ero neanche morta del tutto. Avrei scoperto come usare la pietra e sarei rimasta dov’ero, nel posto che era mio e dove dovevo stare: accanto a mio padre.

Vi faccio vedere io, pensai.

Quattro

Ero seduta sul tetto, inquieta, a tirare pezzi di catrame nel buio della notte cercando di fare ordine nei miei pensieri. Non ero viva, ma nemmeno morta. D’accordo. Il discreto ma serrato interrogatorio cui avevo sottoposto mio padre aveva confermato la mia intuizione: non ricordava assolutamente nulla, né dell’incidente, né di avermi vista all’obitorio. Pensava che avessi mollato Josh quando mi ero resa conto che era un cretino, che Seth e Barnabas mi avessero riaccompagnata a casa, e che avessi passato il resto della serata a guardare la tele, imbronciata.

Non era contento che avessi rovinato il vestito preso a noleggio, quello no, ma nemmeno a me faceva piacere che avesse deciso di detrarne la spesa dalla mia paghetta settimanale. Non che avessi intenzione di lamentarmi, Dio ce ne scampi. Ero viva (sì, be’, più o meno), e quella era l’unica cosa che contava. Mio padre, rimasto stupito dalla remissività con cui avevo accolto la punizione, aveva osservato compiaciuto che stavo diventando grande. Che ironia!

L’avevo tenuto d’occhio tutto il giorno, mentre svuotavo gli scatoloni e distribuivo la roba tra cassetti e scaffali. Avvertiva che c’era qualcosa che non andava, ma non riusciva a capire cosa. Nemmeno lui mi aveva perso di vista, d’altronde: era venuto su ogni cinque minuti a portarmi snack e bibite (un paio di volte ero stata sul punto d’urlare), e ogni tanto l’avevo sorpreso a osservarmi con un’espressione preoccupata che si affrettava a cancellare appena incrociava il mio sguardo. A cena, poi, era stato tutto un annaspare in cerca di qualcosa da dire e, dopo aver piluccato per venti minuti buoni la mia costoletta di maiale, mi ero alzata con la scusa di essere ancora stanca per la festa della sera prima.



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