Dentro by Luca Carano

Dentro by Luca Carano

autore:Luca Carano [Carano, Luca]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Sperling & Kupfer
pubblicato: 2021-01-29T12:00:00+00:00


8

FUORI dal finestrino del treno è primavera inoltrata e, mentre i chilometri che mi avvicinano a Roma accompagnano l’inverno dentro di me, la mascherina mi soffoca. Da quando ci si mette poco meno di tre ore ad arrivare, il panorama sembra più brutto. Mi pento quasi di non aver preso un Regionale, che avrebbe sì aumentato la sofferenza, ma anche accorciato di qualche ora il tempo che passerò a casa. Lo faccio per mamma, lo faccio perché è più facile andare, che spiegare perché non vado.

Il guasto delle prese elettriche sotto l’intera fila di sedili mi fa spegnere il cellulare e così rimango solo con l’odore del mio alito da sveglia presto intrappolato nella mascherina e la voce del capotreno che mi ricorda, a intervalli regolari, di essere obbligato a sopportare il mio alito da sveglia presto.

Treno. Stazione. Autobus. Anzi, no. L’autobus è in ritardo, mi fermo a comprare le sigarette. In tabaccheria c’è un ometto di bassa statura che si vede a malapena dietro il bancone. Attanagliato dall’insensato senso di colpa per il fatto di dover pagare con la carta, prendo pure un pacchetto di gomme da masticare, sperando gli basti. Non gli basta, anzi. Mi fa notare con un commento ironico di aver speso quasi niente. Quando gli dico «Be’, dai, almeno è qualcosa», lui mi attacca e mi dice che se si va avanti così gli toccherà chiudere prima dell’estate. Penso ai soldi e al nero che avrà fatto negli ultimi quarant’anni, aspetto con ansia la stampa della mia copia di scontrino e, quando me la porge senza essersi zittito un secondo, esco da lì più in fretta che posso.

Mi trovo a fumare davanti all’uscita di una Termini deserta, con la rabbia propria solo di chi non può farne a meno, ma odierà essere quello che entra in casa puzzando di fumo. Un senzatetto mi chiede un euro e io glielo do. È il prezzo da pagare per non rischiare che si avvicini di più, mi dispiace che sia così ma mi fa schifo. Penso di essermi disabituato al mondo esterno, che nel frattempo si è anche fatto leggermente più strano. Ho la mia autocertificazione in una tasca, che anche se credo non serva più mi fa stare tranquillo. Nell’altra ho i documenti, sono pronto a mostrare entrambe le cose da un momento all’altro. L’andare in giro con documenti probabilmente non necessari sottolinea la mia ansia e la mia scarsa informazione.

Un altro tizio malandato, notando la mia apparentemente rara generosità con il primo, mi domanda una sigaretta. A questo mi nego, con una motivazione che tutto il mondo può condividere: c’è il Coronavirus.

Finalmente riesco a prendere l’autobus. Il mio quartiere è deserto. È deserto anche il parco di fronte a casa, che in un sabato come oggi dovrebbe essere pieno di machi montati a regola d’arte che si sfidano agli anelli, di ragazzine alle panchine, di anziani a spasso con le badanti e di uomini di mezza età distesi sull’erba ad abbronzarsi. Mancano anche i bambini con



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