Dio, calcio e milizia: Il Comandante Arkan, le curve da stadio e la guerra in Jugoslavia (Italian Edition) by Diego Mariottini

Dio, calcio e milizia: Il Comandante Arkan, le curve da stadio e la guerra in Jugoslavia (Italian Edition) by Diego Mariottini

autore:Diego Mariottini [Mariottini, Diego]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Bradipolibri Editore
pubblicato: 2015-06-15T07:00:00+00:00


Capitolo decimo

1990-1992. L’inesorabile agonia del calcio jugoslavo. Muore anche la Nazionale

Arkan non ama Dio. Dio impone regole e costringe a qualche rinuncia. Questo a lui, per indole, non può essere gradito, anche perché di norma è lui a imporre direttive, mica Dio. Ma per proprio tornaconto Željko Ražnatović sa sfruttare molto bene i motivi religiosi e una parte della chiesa ortodossa serba si schiera con lui. L’amore cristiano verso il prossimo viene spesso cancellato da altro genere di interessi.

Arkan non ama il calcio e probabilmente non sa giocare a pallone. Ma da mente sottile e maligna qual egli è, capisce immediatamente il potere propagandistico e la capacità mediatica dello sport più amato al mondo. Tant’è che, su chiara commissione di Slobodan Milošević, fa delle curve calcistiche quel che serve. Poi, tempo al tempo, arriverà a possedere una squadra tutta sua, l’FK Obilić, e a fondare un partito politico con il quale parteciperà alle elezioni del 1996. Ma guai a parlargli di conflitto d’interessi: lui s’arrabbia e poi, anche se fosse, non lo fa mica per sé. Lo fa per il suo popolo.

Arkan ama molto la milizia, ne ha appena creata una e le sue Tigri, come si è visto, sono decisive per le sorti della guerra etnica. “Dio, calcio e milizia”: la triade si sta pian piano realizzando.

Il torneo 1990-91 rappresenta l’ultima edizione del campionato jugoslavo di calcio. Dopo il 1991, ognuno per proprio conto. Slovenia e Croazia hanno detto addio alla vecchia “casa madre”. Per la proprietà simmetrica, fanno la stessa cosa le squadre appartenenti ai due nuovi stati sovrani. Ognuno avrà il proprio campionato di calcio.

Anche guardando ai fatti con il necessario distacco, la fine della Jugoslavia è per lo sport una notizia molto triste. Il calcio balcanico è un valore assoluto e produce campioni a ripetizione. Veder giocare le squadre della Repubblica Federale e la stessa Nazionale è spesso un piacere. Se nel corso del dopoguerra il calcio jugoslavo non arriva mai ad affermarsi del tutto e a conquistare ciò che potrebbe, forse è anche per un sentimento localistico che impedisce di credere fino in fondo nella bontà di uno sforzo comune. Anni dopo la fine del conflitto balcanico, Zvonimir Boban, giocatore del Milan e capitano storico della Nazionale croata arriverà ad ammetterlo senza problemi o reticenze: “Per la maglia della Jugoslavia ho sempre dato il massimo che potevo, ma per quella della Croazia potrei morire”.

L’ultima edizione del torneo è ancora fortemente segnata dagli scontri del 13 maggio 1990 fra i supporter della Stella Rossa e quelli della Dinamo Zagabria. Il segno di quella battaglia è rimasto impresso nella memoria e le cicatrici non si rimarginano. La sensazione diffusa sulla gravità di quei fatti non lascia presagire nulla di buono. Molti vedono in quel 13 maggio la prima di una serie di domeniche di sangue allo stadio e si convincono che le vicende negli stadi possano presto portare a conseguenze ben più tragiche. Ma in Occidente la situazione balcanica continua a essere inspiegabilmente sottovalutata. Eppure già dall’estate del 1990 i giornali di tutto il mondo ne parlano.



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