E' stato Nerone by Conn Iggulden

E' stato Nerone by Conn Iggulden

autore:Conn Iggulden [Iggulden, Conn]
La lingua: ita
Format: epub
editore: EDIZIONI PIEMME
pubblicato: 2024-05-24T12:00:00+00:00


16

Voci esultanti si levarono dalla folla, accogliendo il nuovo imperatore che sfilava per la città. Claudio avanzava a cavallo, scortato da tutti e seimila i pretoriani che a passo di marcia lo precedevano, lo affiancavano e lo seguivano in una processione infinita, mentre sui lati delle strade la calca si infittiva e applaudiva. Se qualcuno pensò che le guardie avrebbero scortato in modo analogo un prigioniero, nessuno lo disse ad alta voce.

La fronte di Claudio era cinta da una corona d’alloro, il simbolo imperiale. Giulio Cesare era stato il primo a esserne insignito, per il valore personale. Adesso la corona era d’oro, un segno più permanente del favore degli dei. Claudio sorrideva, alzando una mano per ringraziare i cittadini di Roma. Loro rispondevano acclamandolo e gettando fronde verdi sulla via.

La gioia era reale, dopo tanta tenebra. Il regno di Caligola aveva paralizzato la città sotto una cappa di rabbia e terrore. Le sue spie e i suoi informatori avevano portato alla rovina intere famiglie, trascinate al supplizio mentre la plebe sbraitava e razziava le loro case in cerca di cibo. Nessuno era stato al sicuro, non i legionari, non i poveri delle borgate, non le mogli e le figlie innocenti dei patrizi. Al Circo Massimo si era vista gente impalata, persino senatori crocifissi. Ogni mese portava qualcosa di peggio, e già solo il numero dei condannati era agghiacciante. Il regno di un pazzo si era gonfiato come un bubbone, premendo sulla città, o come la tensione prima di una tempesta, quando ogni respiro porta un senso di minaccia. In quei giorni le scale gemonie erano sempre state coperte di sangue, uno strato di rosso vivido sopra altri più scuri, incrostati.

L’imperatore Claudio era stato il bisturi che aveva inciso quel bubbone, drenando il veleno, rianimando la speranza. I pretoriani lo avevano acclamato, e se c’erano state dicerie sul loro ruolo nella morte di Caligola erano rimaste tali. La seconda moglie di Gaio Cesare si era tagliata le vene alla notizia. Aveva il coltello ancora in mano, riferirono i pretoriani. Erano stati loro a trovarla. L’ennesima tragedia cittadina da affrontare e lasciarsi alle spalle.

Il primo atto di Claudio come imperatore era stato graziare l’intero reggimento per i crimini del passato, senza specificare quali fossero. La parola «amnistia» significava dimenticanza, e quello era un nuovo giorno, un nuovo anno. Il popolo aveva abbandonato gli attrezzi, le botteghe e i banchi da lavoro per venire ad assistere a un momento nella storia che poteva non ripresentarsi mai più. Alcuni erano arrivati già la sera prima, per accaparrarsi i posti migliori ed evitare la ressa. C’erano donne e bambini tra loro; gli ambulanti vendevano cibo e bevande, e l’atmosfera era effervescente, abbastanza leggera da lasciare spazio alle risate. Quando il cavallo di un pretoriano si innervosì e cercò di cambiare direzione, il suo cavaliere fu l’unico a non sorridere e urlare consigli.

La grande parata attraversò la città da est a ovest, includendo i quartieri più poveri, oltre a quelli eleganti sui colli. Terminò al Palatino, dove Claudio smontò di sella e si fermò ad aspettare la giovane moglie.



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