Educazione Ambrosiana by Micaela Palmieri

Educazione Ambrosiana by Micaela Palmieri

autore:Micaela Palmieri [Palmieri, Micaela]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Baldini+Castoldi
pubblicato: 2021-06-18T16:19:10+00:00


7

Inter-Milan. Prima dell’Apocalisse

L’amore ha ragioni oscure ed è la vittima preferita della paura.

Elena si sfiorò piano la fronte con l’indice e il medio, quasi a reggerla. Quando faceva quei pensieri la testa diventava di piombo.

Non mi sentirò mai più come mi è accaduto quel giorno, con i raggi del sole del mattino che inondavano la stanza e lui di spalle che accarezzava Modigliani, il Jack Russell che avevo imparato ad amare anche io.

La sua voce le rimbombava in testa, mentre camminava nel freddo e intanto scandagliava i suoi pensieri. Anche la terra sembrava rabbrividire, a quei ricordi.

Eppure non sono stata capace di amarlo. Credevo di essere in grado di farmi felice da sola e allora mi sono abituata alla sua assenza, quando era ancora presente. Me lo disse anche il mio primo fidanzato: tu e la tua scapestrata solitudine, non troverai mai pace, non sarai mai felice. Deve essere difficile andare al doppio della velocità, mi diceva, mentre architettava tutti i modi possibili per massacrarmi la mente.

Elena sorrise amaramente, rabbrividendo a quei ricordi che ormai erano poco più di un solletico. E sfiorò il suo desiderio di distruzione che, persino adesso, era più forte del disgusto.

«Insegui ciò che ami o finirai per amare ciò che trovi.» Carlo Lorenzini, al secolo Carlo Collodi, l’aveva piazzata dentro a Pinocchio ‘sta frase che ti toglieva il sonno, ed Elena aveva come l’impressione che l’infame l’avesse indirizzata proprio a lei, che non era mai riuscita a seguire quel monito.

Alzò lo sguardo e vide le luci di San Siro baluginare in fondo al viale con le rotaie del tram che sembravano ardere. Diede un calcetto a un bicchiere di plastica abbandonato lungo il marciapiede. Il pensiero di Marco era ancora troppo forte, questa era la verità, e la mente andava pazza per scappatoie e trabocchetti.

Erano passati cinque anni e non l’aveva più cercato. Aveva distrutto tutto, sapeva che non l’avrebbe più visto e questo un po’ l’avviliva, ma le regalava anche un senso di sollievo.

«Che ansia, ragazzi!» tuonò Elena, sfregandosi le mani rubizze, senza guanti, e osservando il gruppo storico di amici con cui ogni domenica, quando la sua Inter giocava in casa, andava allo Stadio ormai da tempo immemore.

Si erano battezzati il clan e, quando giocava l’Inter, riempivano i social di foto in cui facevano i matti. Carlo e Sandro erano i più scatenati.

«Il derby mi fa sempre una paura…» sibilò Sandro, accendendosi l’ennesima Marlboro.

«No, dai, c’è la solita fila ai tornelli, cazzo! Muoviamoci, dobbiamo vedere le coreografie», Carlo quando era in ansia per l’Inter non smetteva mai di parlare, «dovevamo arrivare prima, lo sapevo. Io però mi devo calare il panino con la salamella, ve lo dico, è un rito pre-partita irrinunciabile…»

«Ma basta mangiare Carlo, ti è venuta una budria…eppure eri una promessa del calcio!»

Carlo si toccò la pancia con lo sguardo impudente.

«Eh, ma che stronza, Elena!»

Risero tutti.

Elena non riusciva ad abituarsi mai al momento dell’ingresso sugli spalti del Meazza. La voce unica che si alzava dalle gradinate, il rombo dei tamburi della curva nord, le maglie neroazzurre che spuntavano ovunque.



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