EPONYMOUS: il furore e la vittoria (Italian Edition) by Alceo Maria Ricci

EPONYMOUS: il furore e la vittoria (Italian Edition) by Alceo Maria Ricci

autore:Alceo Maria Ricci [RICCI, ALCEO MARIA]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2018-03-29T22:00:00+00:00


Un servo finì di lucidare il cocchio di Lucilia. Quando la padrona arrivò, l’uomo attaccò i due pezzati al carro.

«Buona passeggiata, padrona» disse il servo a capo chino.

I cavalli uscirono dalla rimessa. Lucilia voleva fare un giro lungo la selva, dove la veduta abbracciava le colline che scendevano verso il mare.

Un cordone di operai stava lavorando a ridosso del sentiero; Valerio aveva ordinato di lastricare la vecchia strada di ghiaia e adesso la zona era un grande cantiere. I due stalloni poggiavano nervosamente gli zoccoli sul ciglio del burrone che tagliava la collina, dall’altro lato c’erano i cumuli di pietre che servivano per lastricare la via. Più la strada saliva, più il dirupo diventava scosceso.

Gli schiavi non erano abituati alla presenza di Lucilia; quando videro il cocchio pensarono a un’ancella a spasso con il calesse del padrone. Sollevarono la testa dalle vanghe per lanciare alla ragazza qualche frase oscena.

Lucilia si divertiva alle prese in giro dei lavoratori: notò che gli apprezzamenti più erano spinti, più erano spassosi. Quando gli schiavi la riconobbero, sparirono impauriti dentro la fossa.

Nonostante le innocue molestie, gli uomini lavoravano con maestria. Lucilia osservò la costruzione del manto stradale. Si accorse che una strada ha un sacco di strati; sulla prima falda di sabbia si piazzavano pietre e ciottoli, che venivano coperti da malta e pietrisco, sopra veniva messo uno strato di argilla e ghiaia, infine si posavano le pietre piatte che formavano la pavimentazione.

Il cocchio si lasciò alle spalle i lavoratori, la strada tornò scorrevole e i cavalli ripresero a trottare speditamente. Costeggiò il punto più ripido, dove oltre il ciglione si apriva lo strapiombo. In quel punto vide uno schiavo a cavallo che scendeva per il pendio. Si preparò a un’altra dose di frasi oscene, quando riconobbe Daniel. La strada portava fino al sanatorio, immaginò che fosse andato dall’uomo rimasto paralizzato. Fermò il cocchio, Daniel quando la vide accennò appena a un inchino. Lucilia notò il volto cupo di Daniel. Fece finta di nulla e chiese di Gaios.

«Allora, come sta l’allenatore?»

«Come tutti quelli che sono paralizzati. Immobile a letto.»

Il tono di Daniel confermò che qualcosa non andava.

«Mi dispiace, so che sei attaccato a quell’uomo. È orribile ciò che è successo.»

«Sì padrona, posso andare, ora?» rispose lui infastidito.

«Non mi piace quel tono scontroso, sai?» ribatté Lucilia.

Il ragazzo tolse gli occhi puntati sui delfini scolpiti sul calesse e la fissò gelidamente.

«Chiedo scusa, padrona. Non volevo essere scortese. Ora posso andare?»

L’atteggiamento del servo e il suo sguardo torvo ebbero il potere di irritarla.

«Si può sapere per quale motivo hai quella faccia?»

Daniel non rispose.

«Ti ho fatto una domanda.»

Daniel puntò lo sguardo in alto, a guardare il cielo limpido, mentre nuvole che annunciavano tempesta si addensavano dentro di lui.

«Daniel!» gridò lei, con il tono di chi è abituato a comandare. «Non lo ripeto più. Per quale motivo ti comporti così?»

Daniel tolse il morso alla lingua e tuonò iroso: «Vuoi sapere il motivo? Te lo spiego subito: il motivo sei tu! Tu avevi promesso di occuparti di Gaios; tu avevi detto



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