Forza gentile by Andriy Shevchenko

Forza gentile by Andriy Shevchenko

autore:Andriy Shevchenko [Shevchenko, Andriy]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2021-04-17T04:00:00+00:00


Capitolo 16

I colloqui con Galliani, frutto del no al Real Madrid.

La Costa Azzurra.

La sfilata per Giorgio Armani.

Berlusconi e Rui Costa.

L’8 agosto è nata a Milano mia nipote Anastasia, figlia di mia sorella.

Un’estate intensa, quella del 2001. Che però è stata soprattutto l’estate di papà: il 17 agosto, al San Matteo di Pavia, ha subìto un trapianto di cuore.

La situazione aveva cominciato a precipitare parecchi mesi prima, durante un controllo di routine. Il professor Viganò mi aveva preso da parte: «Andriy, purtroppo i bypass non stanno aiutando tuo padre come dovrebbero».

«E cosa possiamo fare?»

«Esiste solo una soluzione: il trapianto.»

Hanno inserito il suo nome nel database per trovare un donatore compatibile, sapevo che l’attesa sarebbe stata lunga e snervante. Ho comunicato la notizia a mamma, insieme abbiamo deciso di tenerla nascosta a papà: avesse saputo dell’intervento ormai necessario, avrebbe certamente negato il proprio consenso. Questione di carattere. Quindi abbiamo scelto noi al suo posto. Fra la vita probabile e la morte certa. Non potevano esistere altre opzioni, se non quella di averlo ancora al nostro fianco.

Stava male. Faticava a camminare, il cuore diventava sempre più grande, un polmone non funzionava come avrebbe dovuto. Respirava con affanno. Parlavo con la mamma, erano momenti drammatici: «Dobbiamo fare di tutto perché arrivi vivo al giorno dell’operazione».

Per informarsi sulle sue condizioni di salute, dall’Ucraina telefonava spesso Lobanovskij. Una volta ho rischiato di farmi scoprire. Stavo spiegando al Colonnello la situazione, papà è passato dietro di me, non me ne sono accorto. Alla fine della chiamata si è presentata mamma, trafelata: «Guarda che tuo padre ti ha sentito». Infatti, anche lui mi ha fatto una domanda: «Stavi parlando di un trapianto?»

«Assolutamente no, hai capito male.»

Non so come, ma mi ha creduto. Per sentirsi meglio, aveva probabilmente bisogno di negare a se stesso un’evidenza ormai lampante.

A inizio estate ha insistito per tornare a Kyiv, amava trascorrere la stagione calda a casa sua. Ho chiesto a Viganò, mi ha detto che in quel momento non esistevano controindicazioni a un eventuale spostamento in aereo. I miei genitori sono partiti, papà era contento, le cose parevano andare nel verso giusto, nel senso che almeno non peggioravano. Si riposava nei luoghi a lui più cari, mamma lo teneva d’occhio, per evitare che praticasse attività non consentite, pericolose per il suo stato di salute.

Io sono riuscito a ritagliarmi un po’ di tempo per un viaggio sull’isola di Bermuda, con Kristen. All’andata avremmo dovuto fare uno scalo a New York, dormire lì una notte, per poi proseguire verso la nostra destinazione finale. Negli Stati Uniti, però, ho ricevuto una brutta telefonata dalla mamma: «Andriy, papà non si sente bene, secondo me si è preso la polmonite. Però sai com’è fatto: non vuole andare dal dottore. Provo a insistere, ti tengo aggiornato».

Più tardi, il cellulare ha squillato ancora. Un tono di voce molto basso proveniva dalla notte fonda di Kyiv: «Ciao Andriy, come stai?»

Era papà.

«Io sto bene, e tu?»

«Sono in ospedale.»

La mamma lo aveva trovato disteso in terra. Aveva chiamato l’ambulanza.

«Sono a New York, papà. Domani sarò da te.



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