Gli emigrati by W.G. Sebald

autore:W.G. Sebald [Sebald, W.G.]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Adelphi
pubblicato: 2020-01-14T16:00:00+00:00

Davanti a me sulla scrivania c’è l’agendina di Ambros, consegnatami da zia Fini quando ero andato a trovarla quell’inverno a Cedar Glen West. È il taccuino tascabile per l’anno 1913, rilegato in morbido cuoio bordeaux e di circa dodici centimetri per otto, che Ambros deve aver comprato a Milano, perché proprio in questa città, alla data 20 agosto, cominciano i suoi appunti: Palace H. 3 p.m. signora M. Sera Teatro S. Martino, corso V. Em. I tre emisferi.

Decifrare la minuscola grafia, che alternava non di rado varie lingue, mi costò non poca fatica, e probabilmente mai sarei riuscito a farcela se i segni vergati sulla carta quasi ottant’anni prima non si fossero per così dire rivelati da sé. Dalle annotazioni via via più dettagliate risulta che, alla fine di agosto, Ambros e Cosmo partirono da Venezia con un veliero a vapore in direzione della Grecia e di Costantinopoli. Mattina presto, c’è scritto, rimango a lungo in coperta a guardare dietro di me. Le luci della città che si allontanano sotto un velo di pioggia. Le isole della laguna come ombre. Mal du pays. Le navigateur écrit son journal à la vue de la terre qui s’éloigne. Il giorno seguente si legge: Davanti alla costa della Croazia. Cosmo molto irrequieto. Un bel cielo. Montagne senza alberi. Cumuli di nuvole. Pomeriggio alle tre, quasi buio. Burrasca. Ammainiamo le vele. Alle sette di sera la tempesta è al massimo. Le onde arrivano fin sul ponte. Nella sua cabina il capitano austriaco ha acceso un lumino a olio davanti all’effigie della Vergine. È in ginocchio sul pavimento e prega. In italiano, curiosamente, per i poveri marinai dispersi, sepolti in questo sacro mare. Alla notte di tempesta fa seguito un giorno di bonaccia. Riprendiamo il viaggio verso sud a velocità uniforme. Riordino gli oggetti finiti fuori posto. Davanti a noi, nello scemare della luce, palpitante nel grigio perla sulla linea dell’orizzonte, un’isola. Cosmo è ritto a prua come un pilota. Grida a un marinaio la parola Fano. Sìsiorsì, urla l’altro e ripete ancora più forte, indicando davanti a sé: Fano! Fano! Più tardi avvisto un fuoco ai piedi dell’isola già inghiottita dall’oscurità. Ci sono dei pescatori sulla spiaggia. Uno di loro brandisce un tizzone ardente. Procediamo, e alcune ore dopo entriamo nel porto di Kassiopi sulla costa settentrionale di Corcira. La mattina, a bordo, un baccano spaventoso. Riparano un guasto alle macchine. A terra con Cosmo. Saliamo fin su alle fortificazioni diroccate. Un leccio cresce al centro della fortezza. Restiamo distesi sotto le sue fronde come sotto un pergolato. Laggiù stanno battendo col martello sulla caldaia a vapore. Una giornata intera fuori dal tempo. Di notte dormiamo in coperta. Il frinire dei grilli. Svegliato da un refolo di vento in fronte. Al di là del braccio di mare, dietro le montagne albanesi blu scuro, il giorno si annuncia e allarga il suo riflesso di fiamma sul mondo ancora senza luce. E intanto due bianchi yacht da crociera attraversano la scena in mezzo a candidi pennacchi di fumo, e così lenti che paiono trainati da una corda, passo dopo passo, su un vasto palcoscenico.

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