Goodbye, Columbus by Philip Roth

Goodbye, Columbus by Philip Roth

autore:Philip Roth [Roth, Philip]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788858405345
editore: Einaudi
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Quando arrivarono i carri dei pompieri, tutt’e quattro, già quattro volte il rabbino Binder aveva contato fino a tre. La grande autoscala sbucò dall’angolo e uno dei pompieri saltò giú, lanciandosi ventre a terra verso l’idrante giallo davanti alla sinagoga. Con un’enorme chiave inglese cominciò a svitarne il boccaglio. Il rabbino lo raggiunse di corsa e gli batté una mano sulla spalla.

– Non c’è nessun incendio…

Il pompiere voltò la testa per borbottargli qualcosa e, animatamente, continuò ad armeggiare intorno all’idrante.

– Ma non c’è nessun incendio, non c’è nessun incendio… – gridò Binder. Quando il pompiere rispose con un altro brontolio, il rabbino gli prese la faccia tra le mani e la puntò verso il tetto dell’edificio.

Ozzie, dall’alto, ebbe l’impressione che il rabbino stesse cercando di staccare la testa dal busto del vigile del fuoco, come un tappo da una bottiglia. La scenetta gli strappò una risatina; era un ritratto di famiglia: il rabbino con lo zucchetto nero, il pompiere col cappello rosso, e il piccolo idrante giallo rannicchiato accanto a lui come un fratellino, a testa nuda. Dall’orlo del tetto Ozzie salutò il quadretto con la mano, ironicamente; ma nel far questo gli scivolò il piede destro. Binder si coprí gli occhi con le mani.

I pompieri lavorano in fretta. Ancor prima che Ozzie riprendesse l’equilibrio, una grossa rete tonda e ingiallita era stata stesa sul prato della sinagoga. I pompieri che la reggevano guardavano in su, verso di lui, con facce severe e impassibili.

Uno dei pompieri voltò la testa verso il rabbino. – Cos’è, scemo, quel ragazzo?

Il rabbino si staccò le mani dagli occhi, lentamente, dolorosamente, come se fossero un nastro adesivo. Poi controllò: niente sul marciapiede, niente intaccature nella rete.

– Si butta o non si butta? – urlò il pompiere.

Con una voce che non aveva piú nessuna somiglianza con quella di una statua, Binder finalmente rispose. – Sí, sí, credo di sí… Minacciava di…

Minacciava? Ma dài, se era salito sul tetto, ricordò Ozzie, era stato per scappare; non gli era mai neanche passato per la testa di buttarsi. Si era messo a correre per svignarsela, e la verità era che sul tetto non c’era andato spontaneamente, ma era stato costretto a farlo dal suo inseguitore.

– Come si chiama, il ragazzo?

– Freedman, – rispose il rabbino. – Oscar Freedman.

Il pompiere alzò lo sguardo verso Ozzie. – Che ti piglia, Oscar? Vuoi saltare o no?

Ozzie non rispose. Francamente, aveva appena cominciato a chiederselo.

– Senti, Oscar, se vuoi saltare, salta… e se non vuoi saltare, non saltare. Ma non farci perdere tempo, eh?

Ozzie guardò prima il pompiere e poi il rabbino. Voleva vedere il rabbino coprirsi gli occhi ancora una volta.

– Ora salto.

Poi si mise a correre lungo l’orlo del tetto fino all’angolo dove sotto non c’era nessuna rete, battendo le braccia sui fianchi, come se fossero ali, e le mani sui calzoni, a tempo. Cominciò a strillare come una specie di locomotiva – Uiiiii… uiiiii – e a sporgersi col corpo dall’orlo del tetto. I pompieri si lanciarono nella stessa direzione per coprire il terreno con la rete.



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