Howard Robert E. - Tutti i cicli fantastici 2 - 1995 - Il ciclo di Conan by Howard Robert E

autore:Howard Robert E.
La lingua: ita
Format: mobi, epub
editore: Grandi Tascabili Economici Newton
pubblicato: 2011-07-24T20:40:28+00:00

2.

Quand'ero uomo d'arme suonavano i timballi,

Il popolo dorava la strada ai miei cavalli;

Ora che sono re, è irto il mio cammino

Di perfidi pugnali, veleno nel mio vino.

La Strada dei Re

La stanza era grande e sfarzosa, con sontuosi arazzi sulle pareti di legno lucido, folti tappeti sul pavimento d'avorio, intarsi elaborati e volute d'argento sull'alto soffitto. Dietro un tavolino d'avorio intarsiato d'oro sedeva un uomo le cui spalle massicce e la pelle bruciata dal sole parevano fuori posto in quell'ambiente lussuoso. Sembrava piuttosto appartenere al sole, ai venti e alle montagne di terre lontane. I suoi più piccoli movimenti lasciavano indovinare muscoli d'acciaio, guidati da un cervello acuto, con la coordinazione di un uomo nato per la lotta. Non c'era niente di misurato o ponderato nei suoi movimenti. O era perfettamente immobile - simile a una statua di bronzo - o era in movimento, non con la rapidità scattante dell'uomo in tensione, ma con la velocità felina che confonde la vista a chi cerca di seguirla.

I suoi abiti erano di stoffa costosa, ma di semplice fattura. Non portava anelli né ornamenti; e la sua chioma nera dal taglio squadrato era trattenuta da una semplice fascia intessuta d'argento.

Posò lo stilo d'oro con cui aveva laboriosamente vergato alcune tavolette di cera, appoggiò il mento sul pugno e guardò l'uomo che stava davanti a lui con un lampo d'invidia negli occhi azzurri. L'uomo, in quel momento, era occupato a legare i lacci della sua armatura sbalzata e fischiettava distratto... un modo di fare ben poco convenzionale, visto che si trovava alla presenza di un re.

«Prospero», disse l'uomo seduto al tavolino, «queste faccende di governo mi stancano più di quanto non abbiano mai fatto tutte le battaglie che ho sostenuto.»

«Fa parte del gioco, Conan», rispose il poitainiano dagli occhi scuri. «Sei Re... quindi devi recitare la parte.»

«Vorrei venire con te a Nemedia», disse Conan con invidia. «Mi sembrano secoli che non salgo in groppa a un cavallo, ma Publio dice che è necessaria la mia presenza qui. Maledizione anche a lui!

Rovesciare la vecchia dinastia», continuò, parlando con la tranquilla familiarità che esisteva solo tra lui e il poitainiano, «è stato abbastanza facile, anche se mi pareva durissimo, a quel tempo. Guardando indietro al sanguinoso cammino che ho percorso, quei giorni di fatica, intrighi, carneficine e sofferenze mi sembrano come un sogno.

Ma non sognavo di arrivare fin qui, Prospero. Quando Re Numedide morì ai miei piedi e io gli strappai la corona dalla testa insanguinata per posarla sulla mia, avevo raggiunto l'estremo limite dei miei sogni. Mi ero preparato a prendere la corona, non a tenerla. In quei giorni lontani, quando ero libero, tutto ciò che desideravo era una spada affilata e una strada che mi portasse dritto ai miei nemici. Ora tutte le strade sono tortuose e la mia spada non serve più.

Quando rovesciai Numedide, la gente mi considerava il Liberatore... ora sputa sulla mia ombra. Hanno messo una statua in onore di quel porco nel tempio di Mitra e il popolo si lamenta davanti

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