Hugo Victor - 1862 - I miserabili by Hugo Victor

Hugo Victor - 1862 - I miserabili by Hugo Victor

autore:Hugo Victor
La lingua: ita
Format: mobi, epub
Tags: Literary, Classics, Fiction
ISBN: 9788897313212
editore: E-text
pubblicato: 2012-02-29T23:00:00+00:00


LIBRO OTTAVO

IL CATTIVO POVERO

I·• MARIO, CERCANDO UNA FANCIULLA IN CAPPELLINO, INCONTRA UN UOMO IN BERRETTO

Passò l'estate e poi l'autunno: sopravvenne l'inverno. Né il signor Leblanc né la giovinetta avevan più rimesso piede al Lussemburgo e Mario aveva ormai un solo pensiero: rivedere quel dolce e adorabile volto. Cercava sempre e dappertutto; ma non trovava nulla. Non era più il sognatore Mario, l'uomo risoluto, ardente e fermo, il coraggioso che provoca il destino, il cervello che architetta l'avvenire, la giovane mente pullulante di piani, di progetti e di alterigia, d'idee e di volontà: era un cane smarrito. Cadde in una cupa tristezza. Era finita: il lavoro gli ripugnava, la passeggiata lo stancava, la solitudine l'annoiava: l'infinita natura, un tempo già piena di forme, di luci, di voci, di consigli, di prospettive, di orizzonti, d'insegnamenti, era ormai vuota davanti a lui. Gli pareva che tutto fosse scomparso.

Pensava sempre, perché non poteva fare altrimenti; ma non si compiaceva più dei suoi pensieri e a tutto quello ch'essi gli proponevano a bassa voce, senza posa, rispondeva nell'ombra: «A che scopo?»

Si faceva mille rimproveri: «Perché l'ho seguita? Ero tanto felice, al solo vederla! Mi guardava; non era una gran cosa, questo? Aveva l'aria d'amarmi; non era tutto? Che cosa ho voluto? Adesso, non v'è più nulla; sono stato assurdo. È colpa mia, eccetera.» Courfeyrac, al quale egli, secondo la sua natura, non confidava nulla, ma che indovinava un po' tutto, pure secondo la propria natura, aveva incominciato col fargli le sue congratulazioni per essersi innamorato, pur essendone stupefatto; poi, vedendo Mario immerso in quella malinconia, aveva finito per dirgli: «Vedo che sei stato semplicemente una bestia. Suvvia, vieni con me alla Capanna.»

Una volta, fidando in un bel sole di settembre, Mario s'era lasciato trascinare al ballo di Sceaux da Courfeyrac, Bossuet e Grantaire, nella speranza, che pazzia! di ritrovarla, forse laggiù. È sottinteso che non vide colei che cercava: «Eppure qui si ritrovano per l'appunto tutte le donne perdute!» brontolava Grantaire, per conto suo. Mario lasciò gli amici al ballo e tornò a piedi, stanco, solo, febbricitante, gli occhi torbidi e tristi fissi nell'oscurità, stordito dal chiasso e dalla polvere dei giocondi veicoli pieni di cantanti che tornavano dalla festa e gli passavano allato, scoraggiato e aspirando, per rinfrescarsi la testa, l'acre profumo dei noci della strada.

Si rimise a vivere più che mai solo, smarrito, accasciato, tutto immerso nella sua angoscia interiore, su e giù nel dolore come il lupo nella trappola, cercando dovunque l'assente, abbrutito dall'amore.

Un'altra volta, un incontro gli produsse un effetto singolare. Nelle viuzze che fanno capo al boulevard degli Invalidi, s'imbatté in un uomo vestito come un operaio, in capo un berretto dalla lunga visiera, che lasciava sfuggire un ciuffo di capelli candidi. Mario fu colpito dalla bellezza di quei capelli bianchi ed osservò quell'uomo, che camminava a passi lenti e come assorto in una meditazione dolorosa. Cosa strana, gli parve di riconoscere il signor Leblanc: erano gli stessi capelli, lo stesso profilo, per quel che lasciava vedere il berretto, e la stessa andatura, soltanto, più triste.



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