icerbox Carminati Raffaello by Unknown

autore:Unknown
Format: epub

Le avventure della Madonna Sistina

Poche opere della produzione di Raffaello hanno conosciuto viaggi, spostamenti e pericoli come la “Madonna Sistina”. Dipinta a Roma spedita a Piacenza, venduta a Dresda, e sopravvissuta al cataclisma di fuoco che si abbatté sulla città tedesca nel febbraio del 1945, questa celeberrima pala venne requisita dall’Armata Rossa e nascosta in Russia: solo nel 1955 ricomparve all’orizzonte.

La “Madonna Sistina” di Raffaello si trova a Dresda da oltre 250 anni. È inutile negare che a molti piacerebbe rivederla in Italia, anzi piacerebbe rivederla a Piacenza, in mostra, anche solo per qualche mese, possibilmente ricollocata nella splendida chiesa cittadina di San Sisto, il tempio benedettino per la quale l’opera venne concepita nel 1512-1513 su ordine di papa Giulio II della Rovere. E sarebbe bello rivederla di nuovo inserita nella fastosa cornice barocca modellata da Giovanni Setti nel 1697 per valorizzare al massimo il capolavoro di Raffaello.

Nulla impedirebbe alla “Madonna Sistina” di giungere a Piacenza. L’opera è su tela, è leggera ed è in buone condizioni di conservazione. E le attuali tecnologie legate ai trasporti delle opere d’arte le garantirebbero un viaggio molto tranquillo, certamente assai più tranquillo di tutti quelli che il dipinto si è trovato ad affrontare nei suoi cinque secoli di vita.

Raffaello concepì e realizzò il dipinto a Roma, e per volontà dell’energico pontefice venne destinato a Piacenza, alla chiesa del monastero di San Sisto, appena edificata dall’architetto Alessio Tramello. E qui l’opera giunse tra il 1513 e il 1514.

Il fatto che Raffaello abbia dipinto quest’opera direttamente su tela – un supporto insolito per lui – ha suscitato qualche perplessità. Perché il maestro, che di solito dipingeva le pale d’altare su tavola, qui fece un’eccezione? Qualcuno ha pensato che l’opera fosse stata concepita come stendardo da portare in processione. Ma c’è chi, come Arnold Nesselrath, ha dato una spiegazione assai più pragmatica. Dovendo far affrontare a una pala alta quasi tre metri e larga due un viaggio molto impegnativo da Roma fin oltre gli Appennini, Raffaello preferì realizzare un’opera “leggera”: il supporto su tela avrebbe certamente reso più semplice e agevole il trasporto del dipinto fino alla destinazione finale.

Come sia giunta l’opera da Roma a Piacenza in realtà non lo sappiamo con esattezza. Tuttavia possiamo intuirlo. Con ogni probabilità, la pala lasciò Roma per Ostia su un carro (oppure su una barca fluviale lungo il Tevere) e qui venne caricata sopra una di quelle navi commerciali che, costeggiando i litorali italiani, collegavano Palermo con Genova. Giunta a Genova, la pala venne verosimilmente caricata su un carro e, seguendo la “via del sale” che collegava la Superba alla Pianura Padana, raggiunse Tortona, Voghera e infine Piacenza. Siamo, come detto, tra il 1513 e il 1514.

Dal giorno dell’apertura al culto della chiesa, nel dicembre del 1514, la pala dovette far bella mostra di sé in una sobria cornice rinascimentale sormontata da una lunetta con angeli di non chiara provenienza.

Il capolavoro di Raffaello rimase in quella sede fino al Settecento senza suscitare particolari attenzioni. Ma, alla metà esatta del

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