icerbox Caroppo meraviglia by Unknown

autore:Unknown
Format: epub

Cosmo

Michel Onfray sostiene che Cosmo sia il suo primo libro, sebbene sia preceduto da un’ottantina di altri volumi – è senz’altro il più prolifico fra gli ateologi – e di tutti quei libri deve intenderlo come a suo modo sistematico compendio e coronamento. Rientra in un progetto di largo respiro, perché ambisce a costituire la prima parte di una Breve enciclopedia del mondo (e il titolo conterrà verosimilmente un pizzico d’ironia): enciclopedia tripartita, il cui terzo volume si dovrebbe intitolare Saggezza e costituire il pendant ateo e materialistico della disamina degli “esercizi spirituali”, praticati e consigliati dagli antichi filosofi, condotta da Pierre Hadot (che anziché ateologo sistematico era invece un sacerdote cattolico) in quella sua serie di magnifici saggi. Tuttavia Hadot, come del resto Michel Foucault nella Ermeneutica del soggetto, metteva in luce una certa continuità, pur nella rivoluzione delle coordinate del mondo, fra le assortite askesis delle scuole filosofiche pagane e l’ascesi cristiana dai padri del deserto a Ignazio di Loyola, senza spingersi fino a raccomandare un concreto ritorno della filosofia odierna a quelle pratiche. Da un Onfray ci dovremmo invece attendere che, al contrario, deprechi con tutta l’enfasi di cui è capace (spesso il tono predicatorio non gli difetta, lo sappiamo) la colpevole abdicazione all’immanenza cosmica nel transito di quegli esercizi verso il nulla di truffaldine trascendenze, e che auspichi una nuova incarnazione della filosofia in quelle pratiche, purché concepite al modo delle scuole pagane: del resto anche in questo suo Cosmo fa intendere come una lezione di vita e di saggezza possa provenire più facilmente da coloro “che praticano la filosofia fuori dal recinto: poeti ed etnologi, biomatematici e naturalisti, vescovi in carica e curati spretati, ecologisti e botanici, apicoltori e fotografi, zingari ladri di polli e danzatori africani…” (trad. it, p. 484: e sono categorie sulle quali dimostra di essersi ampiamente documentato per la stesura del volume, specialmente gli zingari), piuttosto che dai cultori degli astratti rigori della teoresi, o dagli storici della filosofia, che tradiscono l’antica signora intendendola come asettico oggetto di studio e relegandola al di fuori della vita vissuta.

Ammettiamo che la prosa veemente a cui Onfray da molto tempo affida le ragioni del suo ateismo materialistico, schietto e appassionato e consequenziale al punto da ricordarci quello ottocentesco dei Loleschott e dei Vogt, non è mai stata lettura capace di sollecitarci particolare empatia: e sarà anche per quel pathos fin troppo enfatico ed esclamativo che pervade tutte le sue perorazioni e apologie di quest’unico mondo disponibile, da cui l’animale uomo non ha altra scelta ragionevole che trarre tutto il piacere che gli è consentito dalla forza del proprio spinoziano conatus, prima che una naturalissima morte lo travolga nel nulla definitivo. Quell’enfasi, che ci aveva fatto pensare a certe pagine di Rousseau (ma di un Rousseau propugnatore dell’homme machine, e il cui bon sens fosse quello del barone d’Holbach), pare si sia un poco attenuata in questo suo recente saggio di divagante enciclopedismo: certamente anche qui numerose pagine stigmatizzano con la massima severità i monoteismi

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