icerbox Khadra ferite by Unknown

autore:Unknown
Format: epub

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«Il Duca ti regalerebbe la luna, se gliela chiedessi» mi disse Frédéric Pau. «Ma non se ne parla neanche di ammazzare una mosca senza il suo permesso. È intransigente con tutti. Io e lui ci conosciamo da quando eravamo bambini e correvamo scalzi nei canaletti di scolo. Abbiamo fatto razzie nello stesso orto e ci siamo bagnati nello stesso abbeveratoio. Ciò non toglie che io gli obbedisca a tamburo battente. Perché è lui il capo... Riconosco che è stato duro con te. Lo ammette lui stesso. Ma non farne un affare di stato. Voleva solo farti capire che ci sono confini da non oltrepassare. Ti assicuro che ha grandissima stima di te. Vuole farti diventare una leggenda. Ti porterà in vetta, te lo garantisco. Solo che tiene a certi principî, mi segui? Altrimenti come potrebbe assicurarsi il rispetto?».

Era mezzanotte passata. Io e Gino stavamo dormendo quando avevano bussato alla porta. Ero sceso ad aprire, e con mia grande sorpresa avevo trovato Frédéric Pau che fumava una sigaretta in strada. Si era scusato di disturbarci. Era evidente che non si trovava lì per caso. Il suo modo di fumare tradiva un nervosismo insolito per lui. Mi ero fatto da parte per lasciarlo salire. Avevo pensato che il Duca l’avrebbe licenziato in tronco. Mi sbagliavo. Il signor Pau era venuto a farmi la lezione...

Gino ci raggiunse in calzoncini nel salotto, che a causa di un guasto elettrico era miseramente illuminato da una vecchia lampada a olio. Una volta seduto, il signor Pau entrò subito in argomento. Era stato incaricato di chiarire il malinteso suscitato dal discorso che il Duca mi aveva tenuto quel pomeriggio nel suo ufficio. Gino, ancora insonnolito, non afferrava granché della spiegazione. Il suo sguardo andava dalle mie labbra contratte alle mani concilianti di Frédéric Pau, cercando invano di capire a che cosa si riferivano le sue parole. Non gli avevo parlato dell’incidente in questione e avevo preferito tenermi dentro il rancore per sfogarlo sul Sigli, il mio prossimo avversario, un fanfarone che gridava ai quattro venti che mi avrebbe steso ai primi round. Perciò ero furioso con Pau. Stava spiattellando tutto senza rendersi conto che mi metteva in imbarazzo. Per quanto gli lanciassi occhiate eloquenti per richiamarlo alla discrezione, non c’era verso di fermarlo.

Dal fondo del corridoio giunse un gran fracasso. E finalmente, con mio grande sollievo, Pau si zittì. Con un cenno della mano chiese a Gino che cosa significasse quel rumore. Il mio amico lo rassicurò: non era uno spirito che batteva un colpo, ma un topo che doveva aver rovesciato qualcosa in cucina.

Approfittai di quella pausa insperata per deviare la conversazione:

«Quando lo firmiamo il contratto, signor Pau?».

«Quale contratto?».

«Come, quale contratto? Ormai lavoro per il suo capo, no?».

«Il Duca non mi ha parlato di contratto».

«È ora di sedersi attorno a un tavolo e mettere le cose nero su bianco. Fra tre settimane devo affrontare il Sigli. Non salirò sul ring se prima non avremo chiarito i dettagli che riguardano la mia carriera. Il Duca vuole che rispetti le regole.

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