icerbox Langmead Star by Unknown

autore:Unknown
Format: epub

Quinto Ciclo

Perdo il conto di quanto tempo trascorro seduto lì,

ascoltando gli echi del continuo gocciolamento

che giunge da qualche perdita in un tubo nelle vicinanze.

Immagino che sto aspettando che le luci tornino.

Come se potessi starmene qui fra gli specchi

e guardare quell’immagine ripetersi per sempre.

Sei secondi. Tutto quello che voglio è un altro sguardo,

ma non arriva. Gli specchi restano scuri.

Rimango per tutto il tempo che posso,

finché la fame non diventa un dolore pungente

e sento le dita intorpidite dal freddo.

Solo allora mi muovo e cerco il cavo.

Le mie dita percorrono le macchine, il metallo, il vetro

e le piccole sporgenze bulbose delle lampadine scure,

che ora sono spente senza la corrente che giunge dalla ferrovia.

Abbiamo portato via il Cuore da Cancer parecchio tempo fa.

Presto, mi rendo conto che mi sono nuovamente perso.

Le pareti sono spesse con tubi e cavi

e non riesco a trovare una direzione, perso fra le rovine,

lentamente sempre più affamato e congelato.

M’imbatto in una porta che sembra diversa,

chiusa con una ruota invece che con una maniglia,

e più piccola. Forse una sorta di sportello.

Al diavolo, penso, tanto vale la pena provare.

Tenendo stretta la ruota arrugginita,

provo a girarla, accorgendomi di quanto sia diventato debole,

di come i miei muscoli emaciati stiano protestando,

e di quanto nitida, chiara sia la mia fame.

La ruota è immobile. Rifiuta di girare,

immobilizzata in questa posizione da cinquecento anni di ruggine.

Mi accascio contro la porta, abbandonandomi,

chiedendomi se questo posto sarà la mia tomba.

E, fra tutti i possibili pensieri, mi viene in mente Rachel;

quell’istante sul treno in cui mi è sembrato di vederla,

immaginandola lì, a seguirmi, ed è come se quell’istante

contenesse qualcosa di brillante, un frammento luminoso.

Così come il mio pensare a Rachel è una frazione

della meraviglia che ho sentito per quell’immagine,

una meraviglia costante, allo stesso modo lei è una frazione di luce,

una stella solitaria nel cielo nero dei miei pensieri.

Così mi sollevo di nuovo e do un calcio alla dannata ruota,

perché sono convinto che c’è luce, dopo tutto;

dei piccoli punti di luce nella mia esistenza, e sono

sufficienti a mantenere in vita il cadavere che sono diventato.

Gemendo, resistendo, la ruota comincia a girare

mentre la prendo a calci, mantenendomi in equilibrio sulla gamba

ancora ferita dalla caduta. Ma in fondo, sono tutto ferito;

sto esaurendo i punti del mio corpo dove ancora non lo sono.

Qualcosa sferraglia rumorosamente dentro la porta,

alcune vecchie serrature che scivolano indietro sotto i miei colpi,

e la porta comincia a scricchiolare pesantemente e aprirsi,

oscillando verso di me e facendo uscire acqua.

Posso sentirla, l’acqua, sentire che mi bagna

e riempire il corridoio velocemente mentre scorre,

minacciando di farmi scivolare via.

Afferro la ruota per rimanere in posizione verticale.

La mia solita fortuna. Il portello si apre sulla palude.

L’acqua gelata raggiunge le mie spalle,

e poi, prima che possa riuscire a prendere un bel respiro,

sono completamente immerso e sto congelando per il freddo.

Non ho scelta e poca aria nei polmoni

per poter durare a lungo nell’acqua.

Scalcio, oltre il portello nell’oscurità,

e provo a capire come risalire in superficie.

Meglio affogare che morire di fame, suppongo

mentre agito braccia e gambe stanche,

fino a quando non riesco più a sentirle.

Infatti, tutto quello che sento è il bruciore nei miei polmoni.

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