icerbox Miranda perduta by Unknown

autore:Unknown
Format: epub

Il giorno prima

Giorno 8

Adesso che avevamo svuotato il garage capivo perché Daniel aveva pensato di ristrutturarlo, anni prima: finestre su entrambi i lati, luce che entrava a fiotti, travi a vista sotto un tetto spiovente; una rientranza usata come ripostiglio che sarebbe stata perfetta per ricavarci un bagno. Mi fermai sulla porta a fissare le pareti grezze, persa nei miei ricordi di Daniel e di papà, di Tyler e suo padre, che lavoravano insieme proprio lì in un mattino di inizio giugno, dieci anni fa. Prima che tutto cambiasse.

Il rombo basso di un motore che si spegneva, e indietreggiai uscendo dal garage.

«Nic?» una voce profonda mi chiamò dall’altra parte del giardino. Una voce che all’inizio non riconobbi. Mi solleticò la memoria, tirò qualche filo mentre cercavo di collocarla.

Voltandomi vidi un uomo sulla strada, che stava smontando da una moto con il sole alle spalle, la faccia in ombra. Mi avviai verso di lui, schermandomi gli occhi con la mano, finché diventò meno sagoma indistinta e più persona. Dove finivano le maniche cominciavano le scritte scure, curve e arricciolate, che gli arrivavano fino ai pollici.

«Jackson?» chiesi, ancora troppo lontana per vederlo in faccia.

Lui annuì. «Sì. Ciao. Scusa se sono passato così all’improvviso. Cercavo Tyler.»

«Non è qui.»

Mi fermai sul ciglio della strada e guardai le parole tatuate sul suo braccio, che sembrarono incresparsi quando si passò la mano fra i capelli castani arruffati. Sarebbe bastato cancellare i tatuaggi, tagliargli i capelli, ed ecco l’incarnazione del perfetto americano: mascella decisa e zigomi definiti, spalle larghe, corporatura snella. C’era un motivo per cui era appartenuto a Corinne. Ma adesso era solo una versione successiva, annidata all’interno dell’altra. C’era un tremore nella sua mano sinistra mentre si portava la sigaretta alla bocca, osservandomi attraverso il fumo. «Sicura?» chiese.

Sbuffai. «Vedi il suo camioncino?» Mi girai, la mano a coppa attorno alla bocca. «Ehi Tyler, ci sei?» Tornai a guardare lui, il fumo ora più acre. «Sicura.»

«Non è un gioco» disse lui. «È da un po’ che lo cerco. E non sono il solo. Non lo vedo da venerdì.» Era già lunedì. Sette giorni dalla scomparsa di Annaleise.

«Cosa ti fa pensare che l’abbia visto io?»

I tacchi dei suoi stivali neri affondarono nel terreno mentre si appoggiava alla moto. «Lavoro in un bar, Nic. Dove la gente chiacchiera. E Tyler abita sopra quel bar.»

«Non l’ho visto, Jackson. Te lo giuro. Da venerdì.»

Esitò. Spostò i piedi nel terreno morbido fra la strada e l’erba. «Riesco a sentire il suo telefono che suona dentro l’appartamento. E… non voglio chiamare la polizia. Non credo che sarebbe una buona idea. Però mi domandavo se… Non è che hai una chiave? Solo per controllare.»

Avvertii un senso di vuoto allo stomaco. Erano tre giorni che non vedevo Tyler. Non l’avevo neppure sentito. Avevo pensato a mille possibili ragioni per cui non si era fatto vedere in giro, ma fino ad allora nessuna di quelle ragioni contemplava la possibilità che gli fosse successo qualcosa.

«Non ho la chiave» dissi. L’avevo avuta in passato, ma poi lui si era trasferito.

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