icerbox Napolillo Carlo by Unknown

autore:Unknown
Format: epub

11.

Carlo è uscito da solo

Dopo due settimane, Anselmo viene trasferito in una clinica per la riabilitazione. Il recupero è lento e faticoso. I capelli bianchi stanno ricrescendo sulla testa rasata, il respiro è tornato regolare. La nebbia che gli offuscava i pensieri si è in parte diradata.

Fissa il suo braccio che è immobile e non risponde ai comandi. I medici gli hanno spiegato che la paresi al lato destro è stata causata dall’aneurisma, che il suo fisico è forte e ha resistito quando altri si sarebbero spenti, e che con la riabilitazione potrà ottenere buoni risultati.

“Dovete cremarmi.” Anselmo si sistema sul letto.

“Non credo sia legale cremare i vivi.” Rita apre le tende e la finestra. Nella notte c’è stato un temporale, l’aria si è rinfrescata.

“Non scherzare su queste cose. Voglio che sia chiaro a tutti, e niente funerale.”

“Va bene, quando sarà il momento ti prometto che ci penseremo.”

“Che poi magari muori prima tu,” dice Anselmo con una breve risata, seguita da un attacco di tosse.

“Ti piacerebbe,” ribatte Rita porgendogli il bicchiere.

“Carlo quando viene?” le domanda dopo aver deglutito un sorso d’acqua. Da quando è ricoverato pensa costantemente alla morte e a suo figlio che non è ancora andato a trovarlo.

“Devi avere pazienza. Ha bisogno di tempo per assimilare il trauma.”

“Giada lo accompagna al bar?”

“Giada deve lavorare, Anselmo. È già tanto che abbia ottenuto di poterlo fare da casa nostra per stare con Carlo e permettermi di venire a trovarti ogni volta che posso.”

“È importante che lui e Leda non si perdano di vista.”

“È importante anche la vita di nostra figlia. Si è appena sposata, dovrebbe stare a casa sua, con suo marito.”

“Sei ingiusta.”

“A volte è meglio ricordartelo.”

“È una situazione temporanea.”

“Tu cosa ne sai?” Rita si innervosisce, si siede sul divanetto in ecopelle verde e accavalla le gambe.

“Lo so perché non resterò qui per sempre.”

Nella camera ci sono quadri astratti appesi alle pareti. Ad Anselmo quelle immagini confuse mettono inquietudine. Vorrebbe chiedere di toglierle, ma si trattiene.

“Mi dispiace, Rita, per non essere stato bravo quando ce ne sarebbe stato bisogno. Per essermi accorto troppo tardi che vi stavo perdendo. Ho tradito la tua fiducia e ne porto il peso.”

La clinica privata è immersa in uno dei pochi boschi rimasti a nord di Milano, da fuori proviene il frinire delle cicale.

“È successo tanto tempo fa.”

“Ma tu non mi hai perdonato.”

“Non ho voglia di pensarci.”

Era stato semplice scoprirlo. Sera dopo sera, le cene di lavoro, i ritardi ingiustificati, il profumo estraneo sulle camicie, gli occhi diversi. Suo marito aveva una relazione con un’impiegata, una donna sposata, di poco più giovane. Appena Rita glielo aveva chiesto, lui l’aveva ammesso. Si era liberato dalle menzogne, da una vita che non gli apparteneva. Gli incontri fugaci con quella donna, la scarsa confidenza tra loro, non gli avevano lasciato altro che vergogna.

Ciò che era rimasto addosso a Rita, invece, era un’enorme stanchezza che le aveva fatto apparire del tutto inutili le fatiche quotidiane, il resistere nei momenti difficili.

Le ha chiesto scusa molte volte, ma solo adesso intuisce che davvero non lo ha perdonato.

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