icerbox Yalom Terapia by Unknown

autore:Unknown
Format: epub

16 novembre

GINNY

Forse è un buon segno che io non ricordi troppo di quello che è successo ieri. Mentre sedevo aspettando che arrivasse ho visto una ragazza con il volto rigato di lacrime che usciva dallo studio del suo terapeuta e ho pensato che quelli erano i buoni vecchi tempi, il mio passato: “Kleenex bagnati, problemi toccati”.

E comunque, quando abbiamo cominciato, ero piena di ansia, sicura di non avere nulla di cui parlare, sicura di dover andare in bagno. E ho sentito che tutto quello che potevo fare era parlarle di cose che erano già avvenute, che non potevano essere cambiate. E poi, quando abbiamo cominciato a parlare, ho saputo che avrei pianto, specialmente raccontando di quella sera con Bud che ci chiedeva del matrimonio. Ho continuato a parlare, ma concentrandomi, compiacendomi, pervasa dal mio stesso tremore. E l’ho tenuto vivo per un bel po’, finché non ho spento la scintilla con le lacrime. Vede, non sono interessata alla discussione quanto piuttosto alle emozioni che la suscitano. È molto più facile avere delle lacrime piuttosto che l’intelligenza che sta dietro di esse.

E siamo ritornati al nostro vecchio argomento: «Perché non posso esprimermi?» A quel punto lei ha recitato la parte di Karl, ma io non ho mai davvero recitato la mia. (Sebbene adesso ricordi che è quello che continuo a chiederle, darmi la possibilità di rendere esplicito quello che farei.) So che dentro lo studio la situazione è sicura, ma non riesco a far forza su di me. Almeno lei mi fa sentire che non sarò mai cacciata a calci o buttata fuori. Così quando ha detto: «Non prenderà mai le sue difese finché non vedrà che da sola può tirarsi fuori da una certa situazione, che ha diritto di dire qualcosa» sapevo che era importante, che dovrei ricordarlo e pensarci su, ma l’ho archiviato sotto il titolo “Un altro giorno”.

In qualche modo ho sentito di aver fatto diversi passi in direzione di una linea di partenza dalla quale potremmo cominciare. Anche se avrei potuto cominciare quel giorno stesso, non l’ho fatto. Sapevo che stavo solo parlando per inerzia dopo che un certo punto era stato raggiunto. Come al solito, ho razionato sensazioni e reazioni. Non ero in grado di concentrarmi. Forse avrei dovuto indicarle il momento esatto in cui mi sono smarrita, e avremmo potuto parlarne. Invece l’ho guardata mentre cercava di incitarmi, mentre cercava di smuovermi. E io già mi sentivo cedevole e al calduccio, come se mi avessero appena deposta in una culla.

Quando ho continuato a dire: «Mi sento morta», mi sentivo davvero morta. La cosa l’ha seccata e ho provato vergogna per tutte le volte che queste parole sono scivolate fuori come una scusa. E so che, se smettessi di pensare che sono morta, sarei più aperta alle emozioni che ci sono sotto, e che ho sicuramente avuto nel corso dell’ultima seduta.

Mi è sembrato che lei fosse molto impaziente per alcune delle mie “scuse per il passato”, come lei le chiama.

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