Il filantropo by Miss Black

Il filantropo by Miss Black

autore:Miss Black [Black, Miss]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


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«Signor Thorpe, alla fine ceneremo sulla terrazza del primo piano».

«Certamente, signore. Quando vuole che sia servita l’entrée?»

«Tra un’oretta».

Il maggiordomo accennò un inchino e se ne andò.

Maggie doveva avere uno sguardo allucinato, perché Eli si mise a ridere. La prese a braccetto, scortandola verso il piano superiore.

«Il signor Thorpe ha una magnifica qualità, cara. Una qualità che come maggiordomo lo rende inestimabile: non giudica mai».

«Be’, non puoi saperlo».

«Oh, ne sono piuttosto sicuro. Quando qualcuno ti giudica te ne accorgi quasi sempre, no? E al signor Thorpe non mancherebbe certo il materiale».

Maggie sorrise.

«Mmm... gli innominabili vizi segreti di Eli Talisman, il filantropo?».

«Ora, innominabili».

Entrarono nella camera di Eli, ma al contrario di quanto Maggie si aspettava non si fermarono lì. Invece lui aprì la portafinestra e la precedette su una grande terrazza. L’aria della sera era ancora tiepida e oltre il parapetto di pietra bianca si vedeva il giardino sul retro, illuminato da dei faretti che lo rendevano ancora più suggestivo.

Anche la terrazza era illuminata da alcune lanterne da esterno. Affacciava su cinque delle stanze del piano superiore e Maggie si chiese se fossero tutte camere da letto. Nonostante avesse passato un po’ di tempo in quel posto non poteva certo dire di conoscerlo.

Eli arrivò fino al parapetto e si appoggiò a esso con i gomiti. Le indicò con la testa un tavolo di marmo.

«Apparecchieranno qua».

«Tra un’ora» disse lei, abbracciandolo da dietro.

«Mh-mh. O quando vogliamo noi, in realtà». Si voltò, prendendola tra le braccia. «Quello che volevo dire, con il discorso dell’altro giorno, è che nessuno resisterebbe molto a lungo con me. Non intendo restare solo. Sono solo rassegnato. Ho provato a guarire. Sul serio. Non voglio che pensi che io sia pigro o innamorato dei miei problemi».

Maggie lo baciò dolcemente sulle labbra. «Non lo penso».

«Non ancora». Sospirò, poi rispose al suo bacio. «Sono stato in terapia. No, anzi, sono stato da uno stuolo di terapeuti, di strizzacervelli, di life coach, di santoni, di esorcisti e anche di spacciatori. O meglio: loro sono venuti da me. Ho provato con la psicoterapia, con i farmaci, con le droghe, con la meditazione, persino con la religione, almeno per un po’. E sono migliorato, in un certo senso. Sono riuscito ad arrivare fino al tuo ospedale. In caso di vita o di morte riuscirei a fuggire. Se mi riempio di ansiolitici posso allontanarmi anche di diversi chilometri. Ma quando lo faccio sto così male, Maggie».

«Lo so» mormorò lei, sulle sue labbra.

«Potrei andare dove voglio, lo so. Ma solo immaginare di farlo...»

Le prese una mano e la spostò sul proprio cuore. Batteva velocissimo, sembrava il frullo d’ali di un uccello pronto a prendere il volo.

«Neppure se... hai presente: immagina di essere dentro un furgone blindato o...»

«Non segue più quella logica. All’inizio era così. Quando ero piccolo... avevo paura di lasciare i posti sicuri: casa mia, l’auto in cui viaggiavo con le mie guardie del corpo, la mia classe... poi è peggiorato. Ancora e ancora. Ho provato con gli antipsicotici. Mi hanno fatto ingrassare e mi hanno reso stupido, nient’altro.



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