Il Gattopardo by Giuseppe Tomasi Di Lampedusa

Il Gattopardo by Giuseppe Tomasi Di Lampedusa

autore:Giuseppe Tomasi Di Lampedusa [Lampedusa, Giuseppe Tomasi Di]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Feltrinelli Editore
pubblicato: 2011-04-01T22:00:00+00:00


La prima visita di Angelica alla famiglia Salina da fidanzata si era svolta regolata da una regia impeccabile. Il contegno della ragazza era stato perfetto a tal punto che sembrava suggerito gesto per gesto, parola per parola, da Tancredi; ma le comunicazioni lente del tempo rendevano insostenibile questa eventualità e si fu costretti a ricorrere a una ipotesi, a quella di suggerimenti anteriori allo stesso fidanzamento ufficiale; ipotesi arrischiata anche per chi meglio credesse di conoscere la preveggenza del Principino, ma non del tutto assurda. Angelica giunse alle sei di sera in bianco e rosa; le soffici trecce nere ombreggiate da una grande paglia ancora estiva sulla quale grappoli di uva artificiale e spighe dorate evocavano discrete i vigneti di Gibildolce e i granai di Settesoli. In sala d’ingresso piantò lì il padre; nello sventolio dell’ampia gonna salì leggera i non pochi scalini della scala interna e si gettò nelle braccia di Don Fabrizio; gli diede, sulle basette, due bei bacioni che furono ricambiati con genuino affetto; il Principe si attardò un attimo forse più del necessario a fiutare l’aroma di gardenia delle guance adolescenti. Dopo di che Angelica arrossì, retrocedette di mezzo passo: “Sono tanto, tanto felice...” Si avvicinò di nuovo e, ritta sulla punta delle scarpine gli sospirò all’orecchio: “Zione!” Felicissimo gag, di regia paragonabile in efficacia addirittura alla carrozzella da bambini di Eisenstein, e che, esplicito e segreto com’era, mandò in visibilio il cuore semplice del Principe e lo aggiogò definitivamente alla bella figliola. Don Calogero intanto saliva le scale e diceva quanto dolente fosse sua moglie di non poter essere lì, ma ieri sera aveva inciampato in casa e si era prodotta una distorsione al piede sinistro, assai dolorosa. “Ha il collo del piede come una melanzana, Principe.” Don Fabrizio, esilarato dalla carezza verbale e che, d’altra parte, le rivelazioni di Tumeo avevano rassicurato sulla innocuità della propria cortesia, si procurò il piacere di proporre di andare lui stesso subito dalla signora Sedàra, proposta che sbigottì don Calogero che venne costretto per respingerla ad appioppare un secondo malanno alla consorte, una emicrania questa volta, che costringeva la poveretta a stare nell’oscurità.

Intanto il Principe dava il braccio ad Angelica; si traversarono parecchi saloni quasi all’oscuro, vagamente rischiarati da lumini a olio che permettevano a malapena di trovare la strada; in fondo alla prospettiva delle sale splendeva invece il “salone di Leopoldo”, dove stava il resto della famiglia e questo procedere attraverso il buio deserto verso il chiaro centro dell’intimità aveva il ritmo di una iniziazione massonica.

La famiglia si affollava sulla porta. La Principessa aveva ritirato le proprie riserve dinanzi all’ira maritale che le aveva, non è sufficiente dire respinte, ma addirittura fulminate nel nulla; baciò ripetutamente la bella futura nipote e la strinse a sé tanto forte che alla giovinetta rimase impresso sulla pelle il contorno della famosa collana di rubini dei Salina che Maria Stella aveva tenuto a portare, benché fosse giorno, in segno di festa grande; Francesco Paolo, il sedicenne, fu lieto di avere l’opportunità



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