Il modernismo reazionario. Tecnologia, cultura e politica nella Germania di Weimar e del Terzo Reich by Jeffrey Herf

Il modernismo reazionario. Tecnologia, cultura e politica nella Germania di Weimar e del Terzo Reich by Jeffrey Herf

autore:Jeffrey Herf [Herf, Jeffrey]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Sociologia
ISBN: 88-15-01677-5
editore: Il Mulino
pubblicato: 1988-11-14T23:00:00+00:00


Come Jünger, Schmitt riponeva le sue speranze in una nuova élite, disposta ad abbandonare la sicurezza per abbracciare la metafìsica attivista che gli esponenti del pessimismo culturale ignoravano45. Lungi dal favorire la tendenza alla neutralizzazione о dal sostituire la politica con l’amministrazione, la tecnica sarebbe stata l’ancella di un rinnovamento politico di segno opposto.

Il Geist della tecnica non coincideva con il positivismo о col romanticismo (dando al termine romanticismo il significato schmittiano di ostilità alla tecnica derivante da un’«effeminata» mancanza di volontà). Ma questo spirito si accordava con un’etica della volontà e della lotta. La concezione che Schmitt aveva della politica accoglieva il dominio sugli esseri umani e sulla natura, consentito dalla tecnica, e si opponeva alla discussione parlamentare. Come Lukács, anche Schmitt voleva porre fine al dominio dell’economia sulla politica, ma anziché la rivoluzione comunista sosteneva la subordinazione dell’economia alle esigenze dello Stato nazionalista e autoritario. Per Schmitt lo spirito tecnologico, una volta separato dalla nozione liberale e marxista del progresso e della razionalità, aveva un’affinità elettiva con la politica autoritaria. L’idea di Walter Benjamin secondo cui gli scritti postbellici di Jünger rappresentavano una perversione dell’idealismo e del romanticismo tedeschi si può applicare anche a Schmitt. Il linguaggio della volontà e della lotta, manifesto nell’opera dei modernisti reazionari, era, come chiariva lo stesso Schmitt, incompatibile col romanticismo tedesco dell’Ottocento ed era invece affatto moderno e attuale: come avrebbe detto Jünger, non più invischiato nell’obsoleto sentimentalismo dell’ottocento, il secolo borghese. Il linguaggio vitalistico di destra non respingeva la tecnica ma voleva liberare il suo Geist dai lacci dei rapporti politici e sociali weimariani. Hans Freyer definì questo programma una «rivoluzione di destra».



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