Il mondo di Hegel by Juergen Kaube

autore:Juergen Kaube [Kaube, Juergen]
La lingua: ita
Format: epub
editore: EINAUDI
pubblicato: 2022-09-06T12:00:00+00:00

Capitolo quattordicesimo

Razionale, davvero, davvero razionale? Hegel in una frase

Una volta che non riuscivo proprio ad accettare la frase: «Tutto ciò che è, è razionale», sorrise in modo strano e osservò: «Potrebbe anche voler dire: Tutto ciò che è razionale, deve essere». Si guardò precipitosamente intorno, ma si tranquillizzò in fretta, perché solo Heinrich Beer aveva sentito ciò che aveva detto.

HEINRICH HEINE a proposito di un incontro con Hegel1

Se un filosofo sostiene che tutto scorre, non lo si considera una grossa esagerazione, ma ci si sforza di riflettere per escogitare un’interpretazione adeguata. Efeso si trova in riva al mare e, in un modo o nell’altro, vero è che parecchie cose scorrono. «Anche il cielo, anche le montagne, anche il filosofo stesso?», replica però un altro teoreta. È tuttavia probabile che interessante dal punto di vista filosofico non fosse affatto lo scorrere, ma l’iniziale affermazione riferita al «tutto». Alla fine è stato anche detto che tutto è pieno di dèi, che tutto deriva dal fuoco o dall’acqua o qualunque altra analoga antica idea di mondo. Ovvia la domanda: «Per quale ragione il mondo non è stato spiegato, per esempio, come una molteplicità», ma come originato da uno? Quando furono elaborate queste formulazioni, la filosofia era però ancora molto giovane e, quindi, o fresca e profonda oppure inesperta. Se, quando la filosofia aveva già molti piú anni, un altro filosofo ha sostenuto che «il mondo è tutto» – di nuovo tutto – «ciò che accade», per lo meno i suoi contemporanei e i posteri possono sentirsi sollevati. Fortunatamente, infatti, da un lavoro cosí importante – pur se per ampie parti assai fragile, nel quale si trovano anche frasi difficili come «Si può sempre concepire la logica cosí come ogni proposizione sia la sua propria dimostrazione» – è possibile almeno ricavare una frase ricca di sfumature, che vira da profondità a banalità a metafora religiosa – la caduta di Adamo! –, ma soprattutto citabile2.

Frasi di questo tipo fanno parte della storia della ricezione filosofica. Permettono di trasportare facilmente contenuti difficili e li rendono in tal modo trasferibili: filosofare è imparare a morire, cogito ergo sum, essere è essere percepito; l’Illuminismo è l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso, e cosí via3. Eppure l’operazione di estrarre da argomentazioni complesse messaggi stereotipati non è solo un effetto della difficoltà del pensiero filosofico o della fatica imposta dalla ricerca filologica, come avrebbe potuto intendere Eraclito. Serve a una varietà di scopi. Per esempio Martin Heidegger ha cercato, con un’analisi molto fantasiosa, di scardinare l’intera storia della filosofia a partire da una sola frase di Anassimandro. La frase, che da allora si traduce in modo sbagliato – «Là da dove le cose hanno il loro nascimento, debbono anche andare a finire, secondo la necessità. Esse debbono infatti fare ammenda ed esser giudicate per la loro ingiustizia, secondo l’ordine del tempo» –, delinea un pensiero prima di tutti gli errori successivi4. Di conseguenza Heidegger definiva «detto» – e non frammento – quella frase,

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