Il sonno degli Dei by Giuseppe Conte

Il sonno degli Dei by Giuseppe Conte

autore:Giuseppe Conte [Conte, Giuseppe]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2011-02-09T22:00:00+00:00


GRECI E ROMANI

«DELLA MORTE NON PARLARMI,

GLORIOSO ODISSEO»

Ciò che rende unica la religione dei Greci è il fatto che essa non sorge dalla sofferenza e dall’anelito di redenzione dell’uomo sulla terra, ma dalla profondità naturale, ricca e in movimento, della vita stessa. Gli dèi greci sono parte dell’uomo; nell’universo dell’Iliade vivono e parlano nel lobo destro del suo cervello, come sostiene Julian Jaynes, e la loro funzione è quella di guidare, consigliare, ordinare, incantare, meravigliare: essi non vogliono né redimere, né attirare a sé. Non hanno altro disegno da realizzare che non sia quello in cui si esprime la natura e ciò che è natura negli esseri umani. Privi di quell’aura di gravità morale e di terribile sovranità patriarcale che il Vecchio Testamento ci ha abituati ad associare all’idea stessa di Dio, ma privi anche di quell’amore sublimemente disinteressato e redentore che compare con la figura di Cristo nei Vangeli, gli dèi greci, come quelli romani a essi assimilati, si rivelano nelle forme del naturale medesimo, come loro essenza.

Zeus ed Era, Ades e Poseidone, Atena e Afrodite, Apollo ed Ermes, Artemide e Ares, Efesto e Dioniso, Pan e Priapo, dagli dèi maggiori dell’Olimpo sino a quelli rustici che compaiono con le loro statue falliche in mezzo agli orti, tutti rappresentano in essenza la ricchezza vitale, istintuale e metamorfica del mondo. La religione dei Greci non enfatizza il tema del dolore, del male, della morte, e neppure le estasi segrete e le beatitudini interiori: il suo miracolo supremo è quello di mostrarci la nostra esperienza umana con i contorni del divino senza che essa perda nulla della sua realtà naturale. Il tempio è il mondo, la conoscenza di Dio è generata dal movimento stesso del mondo, fluente e sovrabbondante di energia. Per i Greci, la volontà di godere o di essere potente non è né bene né male: è natura, e in quanto tale ha un suo nome, una sua forma divina.

Così essi furono l’unico popolo che ebbe la facoltà di vedere il mondo, questo mondo reale, il mondo delle forme, dei corpi, sotto specie divina, circonfuso da una luce divina. Per loro era divino il mondo come è, quello nel quale erano nati e nel quale vivevano; erano divine le montagne con le loro vette ma anche le rupi piene di lentischio e le colline alle cui pendici crescevano ulivi e fichi e volavano farfalle e cantavano cicale, divine le brevi pianure, i fiumi veloci e il mare pieno di isole, divina la carne che prova desiderio, divini gli occhi che vedono, le mani che afferrano, le gambe che corrono. Non capitò mai più così nella storia del mondo, su cui pure i Greci con la loro arte, la loro filosofia, la loro poesia, la loro storiografia, il loro pensiero politico hanno tanto ampiamente e decisivamente influito. Di tutta la loro eredità, soltanto la loro religione, che è pura forma, interpretazione, mito del mondo, è stata bandita come «pagana», sconfitta e cancellata per sempre.

I loro dèi sono in un esilio da cui soltanto i poeti in Occidente li hanno spesso richiamati.



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