Il villaggio di Stepànčikovo e i suoi abitanti by Fedor Michàjlovič Dostoevskij

Il villaggio di Stepànčikovo e i suoi abitanti by Fedor Michàjlovič Dostoevskij

autore:Fedor Michàjlovič Dostoevskij [Dostoevskij, Fedor Michàjlovič]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Castelvecchi
pubblicato: 2021-03-14T23:00:00+00:00


1 Gioco tradizionale russo che consiste nel lanciare un grosso chiodo (svajka) al centro di un cerchio tracciato per terra.

10

Mizìnčikov

Il padiglione, nel quale mi aveva condotto Gavrila, si chiamava “padiglione nuovo”, ma solo per una vecchia abitudine, essendo stato costruito da molto tempo, e già dai precedenti proprietari. Era una bella casetta di legno, che distava pochi passi dalla vecchia casa e sorgeva nel mezzo del giardino. Da tre lati la circondavano alti e vecchi tigli, che con i loro rami ne toccavano il tetto. Tutte e quattro le stanze di questa casetta, ammobiliate piuttosto bene, erano destinate agli ospiti. Entrando nella stanza che mi era stata assegnata, dove avevano già portato la mia valigia, vidi sul tavolino, ch’era sistemato davanti al letto, un foglio di carta da lettere scritto splendidamente con diverse grafie, ornato di ghirlande, ghirigori e svolazzi. Le iniziali e le ghirlande erano colorate con vari colori. Tutto l’insieme costituiva un lavoro di calligrafia molto grazioso. Fin dalle prime parole che lessi, compresi che si trattava di una supplica indirizzata a me, nella quale venivo chiamato «illuminato benefattore» e che aveva anche un titolo: I lamenti di Vidopljasov. Per quanto io concentrassi l’attenzione su quello scritto e mi sforzassi di capirci almeno qualcosa, tutte le mie fatiche furono vane: era la più ricercata delle scemenze, scritta in un ampolloso stile da lacchè. Indovinai soltanto che Vidopljasov si trovava in una situazione disgraziata, implorava la mia assistenza, sperava molto in me per una certa faccenda «in ragione della mia illuminata cultura» e, in conclusione, mi pregava di intercedere in suo favore presso lo zio e di intervenire su di lui «con la mia macchina», come egli stesso si esprimeva figurativamente alla fine della lettera. La stavo ancora leggendo quando la porta si aprì ed entrò Mizìnčikov.

«Spero che mi permettiate di fare la vostra conoscenza» disse in modo disinvolto ma anche straordinariamente gentile, e dandomi la mano. «Poco fa non ho potuto dirvi nemmeno due parole, e tuttavia fin dal primo sguardo ho sentito il desiderio di conoscervi più da vicino».

Subito risposi che ero felice anch’io eccetera eccetera, malgrado mi trovassi nella più orribile disposizione d’animo. Ci sedemmo.

«Cos’è questo?» disse lui, data un’occhiata al foglio che avevo ancora in mano. «Non saranno I lamenti di Vidopljasov? È così! Ero sicuro che Vidopljasov avrebbe tentato l’assalto anche con voi. Anche a me ha dato un foglio uguale a questo, con gli stessi lamenti; siccome vi aspettava da molto tempo, forse il vostro esemplare l’ha preparato con più agio. Non meravigliatevi. Qui ci sono molte cose strane e, davvero, c’è di che ridere».

«Solamente da ridere?».

«Suvvia, non certo da piangere! Se volete, vi racconterò la biografia di Vidopljasov, e sono sicuro che ne riderete».

«Confesso che adesso non mi importa di Vidopljasov» risposi con stizza.

Mi era evidente che sia la visita del signor Mizìnčikov che la sua garbata conversazione erano state da lui intraprese con uno scopo e che, semplicemente, il signor Mizìnčikov aveva bisogno di me. Poco prima sedeva accigliato e serio, adesso era allegro, sorridente e pronto a raccontare una lunga storia.



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