Iran. Il tempo delle donne by Luciana Borsatti

Iran. Il tempo delle donne by Luciana Borsatti

autore:Luciana Borsatti [Borsatti, Luciana]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Castelvecchi
pubblicato: 2023-10-15T00:00:00+00:00


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Che succede all’estero? Le divisioni della diaspora e le risposte dell’Occidente

Masih Alinejad è stata una giornalista in Iran, prima di lasciare il Paese nel 2009. Ribelle fin dall’infanzia all’obbligo del velo e a tutte le restrizioni che subiscono le donne già da bambine, si occupò presto di politica e per questo finì anche in carcere nel 1994, insieme al fratello e al marito. Nel 2001, durante la presidenza del riformista Mohammad Khatami, cominciò a scrivere di politica interna prima per il quotidiano Hambasteghi e poi per altri, ma alcuni suoi articoli risultarono molto scomodi, in particolare per il presidente Mahmoud Ahmadinejad. Ora vive a New York, dove ha lavorato fra l’altro per Voice of America (emittente che trasmette in oltre 40 lingue e fa capo dall’agenzia governativa U.S. Agency for Global Media), e negli anni scorsi ha lanciato in particolare due campagne online contro l’obbligo del velo, molto seguite in Iran: My Stealthy Freedom e White Wednesdays. Il movimento di protesta seguito alla morte di Mahsa Amini l’ha vista molto attiva non solo sui social, ma anche in apparizioni pubbliche e incontri con politici di rilievo.

Di lei si ricorda tra l’altro l’incontro del 12 novembre 2022 con il presidente francese Emmanuel Macron, al quale ha riferito di aver detto: «Non chiedo a nessuno di intervenire per rovesciare il regime. Ma di riconoscere la voce del popolo iraniano. Non le chiediamo di salvare gli iraniani, ma di smetterla di salvare chi li sta uccidendo. Leader come il presidente Joe Biden finiranno per salvare la Repubblica Islamica proseguendo i negoziati sul nucleare»1.

Evidentemente il suo appello ha fatto breccia, visto che poco dopo Macron ha definito le proteste in Iran una «rivoluzione» – affermazione piuttosto forte, per un capo di Stato – e ha affermato che la repressione dei leader iraniani avrebbe reso più difficile raggiungere un accordo sul rilancio dell’accordo nucleare del 20152.

È questo, come vedremo, uno dei punti cruciali del confronto tra una certa opposizione in Iran e all’estero da una parte, e gli USA e l’Europa dall’altra. I primi vedevano infatti nella possibilità di un ripristino dell’accordo sul nucleare, al tavolo negoziale di Vienna, una forma di riconoscimento della Repubblica Islamica proprio nel momento in cui questa stava mettendo in atto una feroce repressione del dissenso. Inoltre, temevano che la sospensione di una parte delle sanzioni internazionali contro l’Iran – quelle economiche relative al suo programma nucleare – offrisse nuovo ossigeno alla Repubblica Islamica, grazie allo scongelamento dei capitali all’estero e alla ripresa su ampia scala delle sue esportazioni, in particolare del petrolio. In tal modo, i dirigenti iraniani non solo si sarebbero sentiti di nuovo politicamente legittimati, nonostante la condanna internazionale per la repressione delle proteste, ma avrebbero potuto valersi di nuove risorse economiche che, benché appartenenti a tutto il popolo iraniano, avrebbero potuto essere impiegate per altri fini, come il sostegno delle milizie alleate all’estero. In particolare Hezbollah in Libano, Hamas e l’organizzazione per il Jihad Islamico a Gaza, gli Houthi in Yemen e le milizie filoiraniane in



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