Maledetti pacifisti (nuova edizione) by Nico Piro

Maledetti pacifisti (nuova edizione) by Nico Piro

autore:Nico Piro
La lingua: ita
Format: epub
editore: People


Dalla Costituzione all’atlantismo incondizionato

Nemmeno l’Italia si prende il tempo per riflettere sul suo slancio bellicista, eppure il nostro Paese dovrebbe essere non poco cauto, considerando le condizioni non brillanti della nostra economia, il fatto che siamo il quarto Stato esportatore di prodotti verso la Russia, che accogliamo una quota di turisti russi importante (in particolare per capacità individuale di spesa), che sulla Russia esercitiamo un antico fascino, che siamo il secondo Paese importatore di gas di un’Europa che dal gas russo dipende al 40 per cento (al 30 per cento dal petrolio). L’emergenza della guerra spinge il Parlamento italiano a prendere una decisione storica: vota l’aumento delle spese militari al 2 per cento del PIL, condizione scritta nel trattato di adesione alla Nato ma rispettata praticamente da nessuno Stato membro, salvo che negli ultimi anni, paradossalmente, da quella Grecia in eterna crisi economica. È una clausola talmente disapplicata che Trump, una volta diventato Presidente, si dedicherà in maniera costante a mortificare e a sbeffeggiare i Paesi dell’Alleanza, trattandoli come scrocconi ai danni dell’America.

Questa decisione di aumentare le spese militari è un passo storico, mai compiuto prima, nonostante l’adesione dell’Italia alla North Atlantic Treaty Organization, appunto la Nato, risalga alla sua fondazione, a quel 1949 in cui dieci Paesi europei più il Canada e gli Stati Uniti si organizzarono per “integrare” i propri eserciti e si impegnarono a intervenire l’uno in difesa dell’altro in caso di invasione (all’epoca dell’Unione Sovietica).

Il 16 marzo l’impegno a portare le spese militari al 2 per cento del PIL passa nel Parlamento italiano con soli 19 voti contrari su 421 presenti, un provvedimento lampo praticamente senza opposizione politica né dibattito pubblico. Nessuno che si chieda quali altri voci di bilancio bisognerà sacrificare (al solito scuole, ospedali, servizi sociali?) per sostenere questa corsa al riarmo. Nel clima di guerra vince la fretta dell’emergenzialità, le decisioni prese “con lo stomaco”.

Per decenni la sinistra italiana, con diversi gradienti dialettici, ha contestato la nostra adesione alla Nato, un tema che ha lacerato quel campo politico. Si pensi alla svolta del segretario del PCI Enrico Berlinguer che il 15 giugno 1976, in un’intervista rilasciata a Giampaolo Pansa per il Corriere della Sera, sdogana la collocazione italiana nell’Alleanza definendola una sorta di scudo per costruire il socialismo nella libertà.

Di un dibattito del genere non c’è traccia nel mondo politico italiano del marzo 2022. Non si tratterebbe di mettere in discussione la permanenza italiana dentro l’Alleanza, argomento mai stato all’ordine del giorno nemmeno in vent’anni di missioni afghane, ma per esempio di interrogarsi sulle scelte di allargamento della Nato a Est. Tra il 1998 e il 2002, quando si era ormai sgretolato il Patto di Varsavia (l’equivalente della Nato dell’Europa orientale a guida Urss), facevano il loro ingresso nell’Alleanza diversi Paesi dell’ex blocco sovietico: Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia, Lituania, Slovenia, Slovacchia, Bulgaria e Romania.

Un’espansione verso i confini russi che Mosca da sempre considera una minaccia e che dichiara essere una delle cause dell’invasione dell’Ucraina, di cui appunto il Cremlino dice di



scaricare



Disconoscimento:
Questo sito non memorizza alcun file sul suo server. Abbiamo solo indice e link                                                  contenuto fornito da altri siti. Contatta i fornitori di contenuti per rimuovere eventuali contenuti di copyright e inviaci un'email. Cancelleremo immediatamente i collegamenti o il contenuto pertinenti.