Ivan Illich Nemesi Medica L'espropiazione Della Salute by Francesca

autore:Francesca [Francesca]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Politica Sociologia
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00

Nei casi in

cui non riusciva a sanare, il medico non aveva alcuno scrupolo a dire al suo paziente di usare analgesici per alleviare così l'inevitabile sofferenza.

Come l'ottimo dottor Oliver Wendell Holmes, il quale sapeva che contro il dolore la natura offriva rimedi assai migliori di quanto la medicina non sapesse dire "[a eccezione dell']oppio, che il Creatore stesso sembra prescrivere, poiché sovente vediamo crescere il rosso papavero in mezzo ai campi di grano quasi fosse stabilito che dovunque c'è fame da saziare debba esserci anche dolore da lenire; [a eccezione di] alcuni specifici che non fu la nostra arte di medici a scoprire; [a eccezione del] vino, che è un alimento, e dei vapori che producono il miracolo dell'anestesia...

Sono fermamente convinto che se l'intera materia medica, quale è oggi usata, si potesse buttare in fondo al mare, sarebbe tanto meglio per l'umanità, e tanto peggio per i pesci". (41) L'ethos del guaritore consentiva al medico di affrontare l'insuccesso con la stessa dignità che l'uomo comune aveva appreso dalla religione, dalla tradizione popolare e dal libero accesso agli analgesici. (42) Il funzionario della medicina attuale si trova in una posizione diversa: egli mira in primo luogo al trattamento, non alla guarigione.

E' attrezzato non a comprendere gli interrogativi che il dolore suscita in colui che soffre, ma a degradare tali dolori in un elenco di disturbi che si possa raccogliere in un dossier.

Si vanta di conoscere la meccanica del dolore, e in tal modo elude l'invito del paziente alla compassione.

Una fonte degli atteggiamenti europei verso il dolore si trova certamente nell'antica Grecia.

I discepoli di Ippocrate (43) distinguevano parecchie specie di disarmonia, ognuna delle quali provocava un tipo particolare di dolore.

Il dolore era perciò un utile strumento di diagnosi; rivelava al medico quale specie di armonia doveva ritrovare il paziente.

Nel corso della cura il dolore poteva anche sparire, ma non era certo questo l'obiettivo principale dell'intervento medico.

Mentre i cinesi cercarono molto presto di curare la malattia eliminando il dolore, nessun orientamento del genere si affermò nell'Occidente classico.

Per i greci la felicità disgiunta dal dolore non era neppure concepibile.

Il dolore era il riflesso dell'evoluzione sull'anima, il suo modo di viverla.

L'uomo, col suo corpo, faceva parte di un universo in perpetuo declino, e la sua anima sensibile, di cui parla Aristotele, era perfettamente coestesa al corpo.

In questa visione non c'era posto per alcuna distinzione fra il senso e l'esperienza del dolore.

Il corpo non era stato ancora separato dall'anima, né la malattia dal dolore.

Le parole che indicavano il dolore corporeo erano tutte ugualmente valide per la sofferenza dell'anima.

Visto questo retaggio greco, sarebbe un errore credere che la rassegnazione al dolore sia dovuta esclusivamente all'influenza ebraica o cristiana.

Quando nel secondo secolo avanti Cristo duecento ebrei tradussero in greco il "Vecchio Testamento", per indicare il 'dolore' tredici diverse parole ebraiche furono rese con un unico termine greco. (44) Lo considerassero o no strumento del castigo divino, per gli ebrei il dolore era comunque una sciagura. (45) Nelle "Scritture" e nel "Talmud" esso non è mai visto come un'esperienza desiderabile.

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