La bambina di Auschwitz by Malcolm Brabant & Tova Friedman

autore:Malcolm Brabant & Tova Friedman [Brabant, Malcolm & Friedman, Tova]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Newton Compton Editori
pubblicato: 2022-12-04T23:00:00+00:00

Capitolo 11

Mi rifiuto di piangere

Campo di sterminio di Birkenau,

Polonia meridionale occupata dai tedeschi, estate 1944

Età: cinque anni

Quei primi giorni a Birkenau furono terrificanti. Anche se il mio periodo di isolamento al buio a Starachowice era stato spaventoso, di sicuro non era stato altrettanto inquietante. Almeno lì ero da sola, e mi veniva risparmiato il contatto stretto con le SS e le altre guardie; qui, invece, ero costantemente sotto il loro sguardo. La mamma era al mio fianco e faceva del suo meglio per proteggermi, ma ero convinta che mi osservassero in ogni istante. Tutti. Non c’era un nascondiglio. E le dimensioni sconfinate del campo di sterminio, il rumore che generava, l’arrivo frequente dei treni che trainavano vagoni bestiame sul nastro trasportatore della morte… era tutto sconvolgente. Avevo la sensazione che avrebbero potuto spararmi da un momento all’altro.

Gli sguardi tormentati delle altre prigioniere, il loro atteggiamento spaventato e il predominante senso di terrore mi logoravano l’anima. La paura è un virus contagioso, infetta praticamente tutti quelli che tocca. L’immunità è difficile, se non impossibile, da acquisire.

Anche se avevo solo cinque anni, intuii che le donne intorno a me avevano abbandonato qualunque parvenza di ottimismo. All’epoca non potevo saperlo, ma adesso mi rendo conto che io e la mamma arrivammo a Birkenau in un periodo di massima tensione. Dopo aver completato l’annientamento di più di 400.000 ebrei ungheresi, le SS stavano per liquidare lo Zigeunerfamilienlager, il campo delle famiglie zingare di Birkenau.

Lo sterminio degli zingari, com’erano conosciuti i popoli rom e sinti all’epoca, era in fase di pianificazione da due mesi. Sarebbe dovuto avvenire a metà maggio del 1944, ma qualcuno avvertì i rom che i tedeschi volevano ucciderli e allora fecero irruzione in un capanno degli attrezzi, prendendo qualsiasi potenziale arma: coltelli, vanghe, martelli, picconi, piedi di porco e pietre. Tra i rom c’erano ex veterani dell’esercito che non avevano intenzione di finire nelle camere a gas, e in seicento si barricarono in una baracca.

Armate di mitragliatrici, le SS circondarono lo Zigeunerfamilienlager e ordinarono loro di arrendersi e uscire. Quando gli uomini si rifiutarono, le SS si ritirarono piuttosto di rischiare di subire vittime. Questa vittoria morale, il 16 maggio 1944, è oggi ricordata come la Giornata della resistenza rom.

La ribellione preoccupò i nazisti. Temevano che avrebbe scatenato un ammutinamento in tutto il campo. Per cui studiarono senza fretta come liberarsi dei rom, e agirono di nascosto. Per ridurre la possibile resistenza divisero le seimila persone dello Zigeunerfamilienlager in gruppi più piccoli. Il 23 maggio 1944, ne spedirono più di millecinquecento in altri campi del Terzo Reich. Poi, il 2 agosto, due giorni dopo il nostro arrivo da Starachowice, un treno vuoto si fermò nella stazione non lontano dalla nostra baracca. Le SS ordinarono ad altri millequattrocento uomini e ragazzi rom di salire a bordo. Alle sette di quella sera, il treno partì in direzione nordovest per un viaggio di seicento chilometri. Erano diretti a Buchenwald, un altro enorme e famigerato campo di concentramento in Germania.

In quel momento io e la mamma eravamo davanti alla nostra baracca insieme alle altre prigioniere per l’appello serale.

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