La camera chiara by Roland Barthes

La camera chiara by Roland Barthes

autore:Roland Barthes [Barthes, Roland]
La lingua: eng
Format: epub
pubblicato: 2017-09-10T16:00:00+00:00


«Chi è, secondo lei, il più grande fotografo del mondo? -Nadar».

Nadar, Madre o moglie dell’artista.

Chennevières-sur-Marne era stato il mediatore d’u-na verità, al pari di Nadar offrendo di sua madre (o di sua moglie, non si sa) una delle più belle foto del mondo; egli aveva prodotto una foto supererogatoria, che conteneva più di quanto l’essere tecnico della fotografia può ragionevolmente promettere. O anche (dato che sto cercando di dire questa verità), quella Fotografia del Giardino d’inverno era per me come l’ultima musica composta da Schumann prima di crollare, quel primo Canto dell’Alba che si armonizza al tempo stesso con l’essere di mia madre e col dolore che la sua morte mi dà; non potrei esprimere tale armonia se non attraverso una serie infinita di aggettivi; ne faccio l’economia, persuaso però che quella fotografia riuniva tutti i predicati possibili di cui era costituito l’essere di mia madre, e di cui, viceversa, la soppressione o l’alterazione parziale mi aveva rimandato alle foto di lei che mi avevano lasciato insoddisfatto. Quelle foto, che la fenomenologia definirebbe degli oggetti «qualunque», non erano che analogiche, suscitavano solamente la sua identità, non la sua verità; ma la Fotografia del Giardino d’inverno, invece, era effettivamente essenziale, essa realizzava per me, utopisticamente, la scienza impossibile dell’essere unico.

29.

Della mia riflessione non potevo inoltre omettere questo-: che avevo scoperto quella foto ripercorrendo il Tempo. I greci entravano nella Morte a ritroso: ciò che essi avevano davanti, era il loro passato. Cosi io ho ripercorso una vita, non già la mia, ma quella di chi amavo. Partito dalla sua ultima immagine, scattata l’estate prima della sua morte (cosi stanca, cosi nobile, seduta davanti alla porta della nostra casa, attorniata dai miei amici), ripercorrendo tre quarti di secolo sono arrivato all’immagine di una bambina: io guardo intensamente al Supremo Bene dell’infanzia, della madre, della madre-bambina. Certo, in quel momento io la perdevo due volte: nella sua stanchezza finale e nella sua prima foto, che per me era l’ultima; ma è anche in quel momento che tutto si capovolgeva e che finalmente

io la ritrovavo come in se stessa...

Questo movimento della Foto (dell’ordine delle foto), io l’ho vissuto nella realtà. Alla fine della sua vita, poco prima del momento in cui ho guardato le sue fotografie e ho scoperto la Foto del Giardino d’inverno, mia madre era debole, molto debole. Io vivevo nella sua debolezza (mi era impossibile partecipare a un mondo fatto di forza, di uscire la sera, ogni forma di mondanità m’inorridiva). Durante la sua malattia, io la curavo, le porgevo la scodella di tè che lei aveva cara perché poteva berci più comodamente che non da una tazza: era diventata la mia figlioletta, era tornata a essere per me la bambina essenziale che essa era sulla sua prima foto. In Brecht, con un rovesciamento che un tempo ammiravo molto, è il figlio che educa (politicamente) la madre; eppure, io non ho mai educato mia madre, non l’ho mai convertita a qualcosa; in un certo senso, non le ho mai «parlato»; davanti



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