Blaze (vers. 2008) by 0431

Blaze (vers. 2008) by 0431

autore:0431 [0431]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2010-10-22T20:24:47.360000+00:00


8

ERA la sala da pranzo, c’era un tavolo lungo con il piano in cristallo. Intorno c’erano sette sedie di acero rosso. Mancava l’ottava. Naturalmente. Mentre contemplava lo spazio vuoto in fondo al tavolo, ricordò un particolare: il sangue che le affiorava in una minuscola perla sotto l’occhio mentre Pickering diceva: d’accordo, bene, d’accordo, le aveva creduto quando gli aveva detto che solo Deke poteva immaginare che si trovasse alla Casamatta, così aveva abbandonato il coltello piccolo, quello che lì per lì aveva pensato fosse appartenuto a Nicole, lasciandolo cadere nel lavello.

Dunque c’era sempre stato un altro coltello con cui minacciarlo. C’era ancora. Nel lavello. Ma non sarebbe tornata là dentro. Mai e poi mai.

Attraversò la sala da pranzo e imboccò un corridoio con cinque porte, due per parte e una in fondo, le prime due davanti alle quali passò erano aperte, a sinistra un bagno e a destra una lavanderia, la lavatrice era di quelle che si caricano da sopra ed era aperta. Sul ripiano accanto c’era una scatola di detersivo. Dallo sportello spuntava un lembo di maglietta macchiata di sangue, la maglia di Nicole, Emily ne fu certa, anche se non aveva modo di averne conferma. E se era davvero la sua, perché Pickering aveva pensato di lavarla? Lavarla non avrebbe eliminato gli strappi. Ricordò di aver pensato che l’avesse ferita decine di volte, anche se senz’altro non era possibile. O si sbagliava?

Sì, pensò di sbagliarsi: Pickering in un attacco di follia sfrenata.

Apri la porta dopo quella del bagno e trovò una stanza degli ospiti. Non era che una scatola buia e sterile, dominata da un ampio letto matrimoniale così perfetto che senza dubbio avresti potuto farci rimbalzare sopra una monetina. Era stata una cameriera a rifarlo? La nostra indagine dice di no, pensò. La nostra indagine dice che nessuna cameriera ha mai messo piede in questa casa. Solo “nipoti”.

La porta dirimpetto a quella della stanza degli ospiti era di uno studio. Il locale era non meno sterile di quello di fronte. In un angolo c’erano due mobiletti. Al centro c’era una grande scrivania con un PC incappucciato da una busta di plastica trasparente. Il pavimento era di comuni assicelle di rovere. Non c’era tappeto. Non c’erano quadri. L’unica ampia finestra aveva le imposte chiuse e lasciava trapelare solo pochi e stentati fili di luce. Come la stanza degli ospiti, l’ambiente era buio e dimenticato.

Qui non ci ha mai lavorato, pensò e fu certa di aver ragione. Era scenografia. Lo era tutta la casa, compresa la stanza dalla quale era fuggita, la stanza che sembrava una cucina ma che era in realtà una sala operatoria, completa di piani di lavoro e pavimenti facilmente lavabili.

La porta in fondo al corridoio era chiusa e, mentre vi si avvicinava, già sapeva che l’avrebbe trovata chiusa a chiave. Se fosse uscito anche lui da quella parte della cucina, l’avrebbe intrappolata in quel corridoio. Non avrebbe avuto dove correre ed erano giorni in cui correre era la sola cosa che sapeva fare bene... la sola cosa che sapeva fare.



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