La cassetta delle lettere per i cari estinti by Lorenza Stroppa

autore:Lorenza Stroppa [Stroppa, Lorenza]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Mondadori
pubblicato: 2025-02-05T12:00:00+00:00

Passeggiata notturna

La luna è già alta nel cielo quando Arturo e Clara escono con Napoleone. Hanno riaccompagnato a casa don Mario, che sul finale aveva un po’ esagerato con il vino, e poi Arturo ha rilanciato: «È una bella serata, che ne dici se facciamo due passi per smaltire la torta?».

Scendono le scale della chiesa e si incamminano verso il parco del seminario. Passano sotto ai rami frondosi di un salice e Arturo alza il braccio, sfiorando con le dita le foglie. Indugia con lo sguardo sulle papere addormentate, il capo nascosto sotto un’ala. “È il loro modo di sparire al mondo” pensa. “Ci sono ma non ci sono. Se fosse possibile anche per noi umani ogni tanto dirsi altrove.”

Il fiume, poco più sotto, scorre silenzioso, solo a momenti la superficie si increspa e fa uscire un guizzo, la coda di un pesce, un lampo argenteo.

«Non sono mai stato qui di notte.»

«Io neppure di giorno, so però che mio padre ci veniva spesso a passeggiare con un libro in mano.»

Napoleone avanza circospetto, si ferma ad annusare, drizza le orecchie captando movimenti nascosti.

I due si fermano, seguendo i movimenti del cane, incerti.

«Non ho idea se sia frequentato a quest’ora.»

Clara sorride. «Be’, mi sembra il classico posto per coppiette.»

«Un po’ freschino, in questa stagione.»

«I ragazzi non sentono mai il freddo, soprattutto se hanno altro a cui pensare.»

Arrivano alla chiusa e restano a guardare le cascatelle. Napoleone fa il passo del giaguaro sul ponte, terrorizzato. È fermo a metà e non sa se avanzare e raggiungere gli altri sulla sponda opposta oppure tornare indietro.

«Su, Napoleone, dài!» lo sprona Arturo.

Il cane avanza lento e incerto, ma alla fine con un balzo è sull’altra sponda.

«E bravo il nostro cucciolo coraggioso» si congratula Clara, accarezzandolo.

«“Coraggioso” mi sembra un po’ troppo per lui.»

Riprendono a camminare fin quasi alla fine della strada sterrata. Si fermano sotto al salice più grande, lontano dall’acqua. Appoggiano le schiene contro il tronco umido. Le punte dei loro gomiti si toccano. Si alza un vento leggero, i rami dell’albero si muovono come i tentacoli di una medusa. Clara si stringe nella giacca, rabbrividendo. «Papà è morto poco distante da qui» sussurra.

«Lo so.»

«Galleggiava pancia all’aria come uno di quei pesci che si vedono al mare.»

Arturo deglutisce, in ascolto.

«A volte penso che se fossi stata qui, con lui, o se fosse passato qualcuno...» Si interrompe.

«Vieni qui» le dice Arturo, prendendola per il polso.

Lei si lascia andare contro di lui, i capelli che imitano i movimenti del salice, la faccia affondata nel petto. La sua voce arriva ovattata. «Non ce la faccio» mormora.

«Doveva succedere e basta, Clara.»

«Ma se io...»

«Basta. È andata così» le dice. E finalmente lei piange. Non è un’esplosione, ma un lento sgocciolio.

Arturo le accarezza la schiena lentamente.

«Sapevo che ce l’avresti fatta prima o poi» le sussurra all’orecchio. «Piangere ti fa bene.»

Clara gli batte un pugno sul petto, contrariata e grata allo stesso tempo. Quando solleva il capo lui ha gli occhi chiusi, sulle labbra un lieve sorriso. Ed è così disarmato, tra le

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