La donna che visse nelle città di mare by Marosella Di Francia & Daniela Mastrocinque

autore:Marosella Di Francia & Daniela Mastrocinque [Francia, Marosella Di & Mastrocinque, Daniela]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Giunti
pubblicato: 2022-01-20T00:00:00+00:00

13

«Costanza, vieni in salotto, ti prego. Cerchiamo di non essere scortesi con lui» disse Giuseppina.

Come sempre accadeva quando qualcuno bussava alla porta, Costanza si era barricata in camera sua e si rifiutava di vedere chicchessia.

Da quando aveva smesso di sperare che arrivassero buone notizie da Messina, si era chiusa sempre più in sé stessa. Si presentava a cena la sera solo perché le tornavano in mente le raccomandazioni accorate della mamma di essere gentile con la famiglia che la accoglieva. Mangiava solo un po’ di minestra ma poi riponeva il cucchiaio, gli occhi fissi sul piatto. Le sembrava di essere tornata a qualche anno prima, dopo la morte del padre. Ma adesso, oltre che disperata e atterrita, si sentiva completamente sola.

«Vieni, Costanza. Il maestro Malara è venuto per te.»

«Anche Frank era venuto per me, e non l’ho voluto incontrare.»

«Hai fatto male. Quel ragazzo ti ama davvero. Soffre insieme a te e non capisce perché tu ce l’abbia con lui e lo tenga a distanza. So che lo ami anche tu. Non lo respingere. Non farti del male da sola. Con lui potresti, un po’ alla volta…»

Costanza la guardò con occhi di fuoco: «Hai capito male. Io non amo nessuno!».

Giuseppina sbuffò spazientita. Certo che l’amava! Ma Costanza a volte riusciva a essere ostile anche con chi si occupava amorevolmente di lei.

«Va bene, ora non è il momento di discutere. Fammi solo il favore di venire in salotto.»

«Perché dovrei?»

«Te lo dico io perché. Vorrei cogliere l’occasione per chiedere al maestro di partecipare con la sua banda al concerto di beneficenza che sto organizzando. No, aspetta, non protestare. Non sto approfittando di nessuno, ma è per una causa più che giusta.»

Costanza rimase immobile.

«Dobbiamo dare, ognuno come può, il nostro contributo.» Fece una pausa. «Anche tu.»

Costanza annuì debolmente.

«Hai ragione, Jo. Anch’io.»

Si alzò, si stirò la veste con le mani, si sistemò alla meno peggio i capelli e fece per uscire dalla stanza, quando Giuseppina la fermò e la strinse ancora una volta in un abbraccio. Come sempre accadeva, gentilmente, ma con fermezza Costanza la allontanò.

Il salotto era in penombra. In quella casa le finestre non venivano più spalancate per fare entrare la luce e il sole. Come se potessero ferire e quasi offendere con la loro prorompente forza vitale l’oscurità dell’animo di Costanza e di quanti come lei soffrivano. Era un modo come un altro di rispettarne il lutto.

Pietro si alzò in piedi quando la vide entrare. Voleva esprimerle la sua partecipazione. «Mi dispiace, veramente mi dispiace. Io non ho perso nessuno, a Palmi, non avevo più nessuno lì.»

Costanza sollevò gli occhi su di lui e Pietro interpretò quel gesto come un segno d’interesse.

«Sì, non ho più parenti. Mi è rimasto solo il fratello di mio padre, il sacerdote che si occupò di me quando rimasi orfano. Ma ho perso i contatti con lui già da diverso tempo. Anzi adesso devo… Vorrei scrivergli.»

Mentre parlava ebbe come la sensazione che Costanza non lo stesse più ascoltando, e d’improvviso tacque. Giuseppina capì l’imbarazzo e intervenne pronta, con una tazza di caffè.

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