La doppia notte dei tigli by Carlo Levi

La doppia notte dei tigli by Carlo Levi

autore:Carlo Levi [Levi, Carlo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: EINAUDI
pubblicato: 2024-02-20T12:00:00+00:00


A Stuttgart, cosí come è ora dopo la distruzione e la ricostruzione, fracassato e abolito fisicamente il passato, non c’è posto che per il lavoro, e per gli uomini del lavoro: industrie meccaniche, automobilistiche, chimiche, e case editrici e splendide tipografie; e la folla per le strade, occupata in una sua operosità senza altre evasioni, adagiata nel luogo comune, refrattaria ai pericoli della cultura, soddisfatta di una pace senza problemi né angoscia. Che cosa eventualmente si prepari e maturi in questa vacanza convenzionale, non appare da nessun segno. Non solo Stuttgart, ma tutte, o quasi, le antiche piccole città di Germania sono morte, in quello che erano: sbriciolate dalle bombe, rifatte nuove e irriconoscibili, o abilmente falsificate. Poche restano, che non abbiano dovuto subire questa violenta metamorfosi; Rainer, che pur dice di trovarsi bene qui, o a Colonia o a Francoforte o nella sua Düsseldorf natale, dove ha la casa e la famiglia e i figli, vuole che io veda con lui qualcuno di quei rari luoghi rimasti, che gli appaiono ancora quelli di un paese dove, per lui, tutto era ancora da cominciare, e dove egli oggi, dopo i romanzi e i drammi della lunga vita, aspetta, con milioni di altri, che cosa?: forse niente.

Amara, per lui, penso, la ricerca di questi residui di ricordi: ma dolcissimo il paese che, nel mattino, andiamo attraversando. Passati i sobborghi delle fabbriche nuove, l’una accanto all’altra, e le loro moderne architetture, si stende, da ogni parte intorno, l’antica terra della Svevia, con le sue calme distese, i suoi boschi, e le città e i villaggi che sembrano vivere intatti, fuori del tempo. La strada che ci porta a Schwäbisch Hall, sotto il cielo grigio e la pioggia leggera, attraversa una contrada ordinata, campestre e boscosa, che ha la calma velata delle distanze di certe campagne del Piemonte, ma piú tenera e piú minuta; stradette laterali si perdono, salendo e scendendo tra i campi con un girovagare familiare, tra alberi disposti in un modo ben conosciuto dalla memoria. Castelli si levano sulla cima delle colline; nei villaggi che attraversiamo, le locande e le osterie hanno grandi insegne di metallo lucente, con il nome e i simboli e l’immagine dell’unicorno o di altri animali araldici. Dopo essere salita a lungo insensibilmente in queste terre ondulate, la via scende improvvisa, con grandi curve, in mezzo a una fitta foresta. Passeggiamo tra gli alberi, sul tappeto degli aghi di pino intrisi d’acqua, calpestiamo, dove il vento l’ha ammucchiata e l’ombra conservata, la vecchia neve. Attraverso la finissima pioggia, quasi una nebbia trasparente, appena colorata, appare piú in basso, ai nostri piedi, una larga piana, intersecata di fiumi, illuminata qua e là dai timidi raggi di un sole invisibile filtrati dal grigio delle nuvole. Siamo a Schwäbisch Hall.

È una delle poche città che siano rimaste praticamente del tutto illese, e le cui pietre siano ancor quelle di una volta, non delle copie della buona volontà ricostruttrice. E il suo piccolo mondo è quello di un tempo, immaginata



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