La gente di Bilbao nasce dove vuole by Maria Larrea

La gente di Bilbao nasce dove vuole by Maria Larrea

autore:Maria Larrea [Larrea, Maria]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Feltrinelli Editore
pubblicato: 2023-09-28T09:36:53+00:00


Seconda parte

All’inizio i figli amano i genitori;

diventando grandi li giudicano;

qualche volta li perdonano.

Oscar Wilde, Il ritratto di Dorian Gray

17.

Dopo la confessione, alternavo benzodiazepine per via sublinguale e alcol.

Quando rividi mia madre nel seminterrato di un ristorante giapponese non seppi fare altro che sbraitare. Chi è? Dovresti saperlo, no? Perché non mi hai detto niente? Chi altro è al corrente? Cosa, lo sapevate tutti? Anche lei? Loro? Che stronzi. Mi sentivo tradita fino al buco del culo. No te pongas furiosa. Non arrabbiarti. Stai scherzando? Ironia della sorte, il ristorante si chiama ZEN. Non digerisco più niente, nemmeno la zuppa di miso. Le budella urlano a ogni portata, i succhi gastrici mi provocano un’agonia a ogni frase della puta madre. Alla fine mi alzo da tavola.

Vedevo la loro menzogna scritta dappertutto; in fondo alla mia iride; in tutte le foto, da neonata, da bambina, durante i compleanni; nel libretto sanitario scritto con l’inchiostro nero, indelebile. Nata il 2 novembre. Giorno dei morti. Nascere e morire. Quindi sarei uno zombie?

Davanti agli altri, inanellavo frasi, banalità e gesti quotidiani, ma dentro di me vacillavo. Andavo avanti senza sapere più quale fosse la meta, la mia bussola interna si era rotta, oscillavo tra euforia e sconforto. Mi è venuta subito voglia di dirlo a tutti. Ero stata adottata. Alla panettiera, ai vicini di casa. Di gridarlo dalla finestra. Ho iniziato dagli amici. Una malattia ridicola, non sarei morta per essere stata adottata, niente di inguaribile. Non c’è cura se non quella dell’angoscia che già praticavo. La mia carne e le mie ossa, le mie lacrime, i miei escrementi o il mio riflesso allo specchio non mi rassicuravano più sulla mia esistenza. Era questo il purgatorio?

Ero laureata, ero una regista, ma non avevo lavoro, niente riprese in vista, niente copioni sottomano. Nessun progetto. Una volta terminati gli studi, per quanto prestigiosi fossero, il mondo del cinema non mi aveva steso il tappeto rosso.

Ho iniziato a scrivere una sceneggiatura. Di fronte allo schermo del computer, battevo come una matta sulla tastiera. L’obiettivo: scrivere un film, una lunga storia, per poi girare il mio primo lungometraggio. Scrivere una fiction, avendo appena scoperto di esserlo. Sul documento Word tutto si sgretolava, trama e personaggi, come Jack Torrance all’Overlook Hotel davanti alla macchina da scrivere.

All work and no play makes Jack a dull boy.

Scrivere una storia mi sembrava un’impresa ardua come costruire la reggia di Versailles con della sabbia asciutta e una pala rotta. Non riuscivo a montare un intreccio o a creare personaggi credibili.

Trovai rapidamente un’alternativa al lavoro e un valore sicuro: Google. Google sa, cerca, trova, sempre. Mi allontanavo dalla sceneggiatura per spostarmi sulla barra di ricerca, digitavo adozione, adottata, ricerca madre biologica. In francese. In spagnolo. Soggetto verbo complemento, scrivevo anche frasi vere e proprie, lasciando perdere le parole chiave, che mancavano di precisione: Sono stata adottata a Bilbao. Lo feci per diverse ore, poi per diversi giorni.

Ossessione. Niente e nessuno contava più.

Ricerca. Clic. Clic. Adoptada Bilbao. Clic.

Mela S sul mio copione composto da pochissime scene, un foglio di carta velina.



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