La grande avventura by Stefano Ardito

La grande avventura by Stefano Ardito

autore:Stefano Ardito [Ardito, Stefano]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Travel, Special Interest, Adventure, ebook, Foreign Languages, Italian, Specialty Travel
ISBN: 9788863807004
Google: qaD8AAAAQBAJ
Amazon: B00FEIIDVG
editore: Corbaccio
pubblicato: 2013-09-25T22:00:00+00:00


La comitiva De Filippi arriva a Kargil il 22 febbraio, dopo una settimana di cammino da Skardu. Alberto Alessio, Giorgio Abetti e Nello Venturi Ginori piazzano la loro stazione geofisica, e per dodici giorni si dedicano ai loro rilievi. Cesare Antilli, il fotografo della spedizione, resta con loro per documentare il luogo, la popolazione e i lavori. Giotto Dainelli, che da Kharmang ha seguito un percorso alternativo, mai usato prima da viaggiatori europei, raggiunge i suoi compagni di viaggio il 28. Per lui, camminare da solo o insieme a Joseph Pétigax è diventato normale.

Filippo De Filippi, invece, deve occuparsi ancora una volta della logistica. Tra i bagagli arrivati da Skardu e l’orzo acquistato e macinato a Kargil (dove un canaletto esposto al sole permette il passaggio dell’acqua, e quindi il funzionamento del mulino) la spedizione ha con sé ben 1275 carichi di viveri.

Ognuno pesa trentadue chili. In tutto sono oltre quaranta tonnellate da spostare. La via da percorrere in direzione di Leh scavalca due passi oltre i quattromila metri di quota, che sono ancora abbondantemente innevati. A Kargil, però, «le bestie da soma, zho e cavalli, per fortuna non mancavano» racconta Filippo De Filippi con un sospiro di sollievo.

Il 25 febbraio, «con 20º sotto zero mitigati da un sole radioso», il capo spedizione lascia gli scienziati e il fotografo al loro lavoro, e riparte insieme alla prima carovana di animali da soma e portatori. «Lo spettacolo del vasto bacino di Carghil in veste invernale è grandiosissimo» annota. «Da tutto quel candore si riflette una luce abbagliante, che stordisce.» «Un qualche tratto della costa, dov’è scomparsa la neve, il terreno nudo fuma al sole, tanto è intensa l’evaporazione.»

Il sentiero traversa una forra rocciosa, entra nella conca di Pashkum occupata da una fertile oasi, poi inizia a salire verso Mulbek. Molto prima, ai piedi di una parete rocciosa, appare agli occhi dei viaggiatori un monumento che dimostra come la spedizione abbia varcato una frontiera storica e culturale importante.

«Come appiccicati alla parete di un’alta roccia a picco», spiccano «i muri bianchi colle finestre incorniciate di rosso del primo lamastero, Sciargòl, che ha le camere in parte scavate nella roccia stessa del monte». Filippo De Filippi lo osserva da lontano e si rimette in cammino verso Leh. Nei giorni successivi Dainelli, Ginori e Antilli si fermeranno a osservare e fotografare. Ma il confine tra le valli di Allah e quelle del Buddha è alle spalle. Per rientrare in territorio islamico, gli italiani dovranno aspettare il mese di settembre, quando raggiungeranno il Turkestan cinese.

A Mulbek, dove la carovana si ferma al termine del primo giorno di marcia da Kargil, i viaggiatori si trovano davanti ai tipici edifici religiosi del Tibet e dei tanti «piccoli Tibet» (il Mustang, il Sikkim, le valli nepalesi degli Sherpa, il Bhutan) sparsi alle pendici dell’Himalaya. Sul poggio che domina l’abitato sorgono due piccoli monasteri, «dipendenze o sottofeudi di altri lamasteri maggiori», che ospitano soltanto due o tre monaci ciascuno.

Più in alto sono i ruderi di uno dzong, una fortezza, o forse di un terzo monastero.



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