La piramide di fuoco (1895) [beta] by Arthur Machen

La piramide di fuoco (1895) [beta] by Arthur Machen

autore:Arthur Machen [Machen, Arthur]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Narrativa
editore: Franca Maria Ricci editore
pubblicato: 1895-05-14T16:00:00+00:00


Il romanzo della Polvere Bianca

Mi chiamo Leicester; mio padre, il generale Wyn Leicester, un raffinato ufficiale di artiglieria, morì cinque anni or sono in seguito a una complicata malattia di fegato contratta nel clima insalubre dell’india. Un anno dopo Francis, il mio unico fratello, ritornò a casa dopo una carriera universitaria eccezionalmente brillante e si stabilì a Londra, fermamente deciso a impadronirsi di ciò che giustamente è stato definito il grandioso mito della legge. Era un giovane che sembrava vivere nell’assoluta indifferenza verso tutto ciò che può chiamarsi piacere e benché fosse più attraente di tanti altri e parlasse in modo appropriato e spiritoso come un uomo di mondo, evitava la società e si appartava in una grande stanza al piano superiore della nostra casa, con il fermo proposito di diventare avvocato. Dapprima si costrinse a dieci ore di studio giornaliero e dalle prime luci dell’alba fino al tardo pomeriggio rimaneva in compagnia dei suoi libri, concedendosi solo una frettolosa colazione di mezz’ora, seduto a tavola con me. Sembrava che rimpiangesse la perdita di quegli attimi, e quando cominciava a imbrunire usciva per una breve passeggiata. Pensavo che una simile ininterrotta applicazione potesse essergli dannosa e cercai di distrarlo dai suoi dotti libri di testo ma il suo fervore, anziché diminuire, sembrò aumentare e il suo orario di studio quotidiano divenne ancor più pesante. Gli parlai seriamente, consigliandolo di concedersi ogni tanto un po’ di svago, dedicando per esempio un pomeriggio alla lettura di un innocuo romanzo, ma egli rise e mi disse che per distrarsi leggeva libri che parlavano delle proprietà feudali, incurante del teatro e dell’aria pura. Dovevo ammettere che appariva in buona salute e non sembrava risentire di quelle fatiche, ma sapevo che prima o poi avrebbe finito col pagare uno sforzo così innaturale, e non mi sbagliavo. Cominciai a vedere nei suoi occhi un’espressione ansiosa, languida, e finalmente confessò di non godere più di perfetta salute. Mi disse che soffriva di capogiri e che di quando in quando, di notte, si svegliava dopo incubi spaventosi, terrorizzato e coperto di sudori freddi da capo a piedi. “Stai tranquilla, mi curo della mia salute, quindi non devi preoccuparti. Ho trascorso l’intero pomeriggio in ozio, sdraiato sulla comoda poltrona che mi hai dato, scarabocchiando cose senza significato su un pezzetto di carta. No, non mi sovraccaricherò più di lavoro e tra un paio di settimane starò senz’altro meglio, puoi contarci”.

Eppure, nonostante la sua sicurezza, mi rendevo conto che non stava meglio, ma anzi peggiorava. Entrava nel soggiorno con il viso segnato dalla stanchezza e dallo scoraggiamento, tentando di apparire allegro quando lo guardavo. Mi dicevo che quei sintomi erano un cattivo segno e talvolta mi spaventavo osservando l’irritazione nervosa contenuta nei suoi gesti e nei suoi sguardi che non riuscivo a decifrare. Lottando contro la sua volontà riuscii a convincerlo a farsi visitare e sia pure a malincuore egli chiamò il nostro vecchio medico di famiglia.

Il dottor Haberden, dopo averlo esaminato, mi rassicurò.

“Non c’è nulla di realmente grave” disse,



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