La seconda trilogia Adamsberg by Fred Vargas

La seconda trilogia Adamsberg by Fred Vargas

autore:Fred Vargas [Vargas, Fred]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788858430095
editore: Einaudi


XXVII.

Grazie alla voce pubblica, che aveva assolto al suo compito, saltando da un albero all’altro e da un cespuglio all’altro lungo le strade tra Opportune-la-Haute e Haroncourt, Robert, Oswald e il ribaditore entrarono nel piccolo bar dove pranzava la squadra di poliziotti. Era piú o meno ciò che Adamsberg si aspettava.

– Per la miseria, siamo perseguitati dalla rogna, – disse Robert.

– Preceduti, per l’esattezza, – disse Adamsberg. – Sedetevi, – aggiunse, facendo loro posto accanto a sé.

Questa volta l’assemblea degli uomini era quella di Adamsberg, con un raffinato capovolgimento dei ruoli. I tre normanni gettarono un’occhiata discreta alla bellissima donna che mangiava baldanzosamente a capotavola, alternando sorsi d’acqua e di vino.

– È il medico legale, – spiegò Adamsberg per evitare le perdite di tempo delle loro circonvoluzioni.

– Che lavora con te, – disse Robert.

– Che ha appena esaminato il cadavere di Pascaline Villemot.

Con un cenno del mento Robert segnalò di aver capito, e di disapprovare quell’attività.

– Sapevi che avevano toccato quella tomba? – gli domandò Adamsberg.

– Sapevo solo che Gratien aveva visto l’ombra. Dici che siamo preceduti?

– Dal tempo, Robert, da qualche mese. Arriviamo molto dopo gli avvenimenti.

– Be’, ma questo non ha l’aria di metterti fretta, – disse Oswald.

Veyrenc, chino sul suo piatto all’altro capo del tavolo, confermò con un lieve cenno del capo.

– Ma del fiume diffida, che non s’affretta mai,

Che pare vagabondo ed ozia sotto i venti.

Bada che non prevalga sulla brama di guerra,

Ché l’acqua inesorabile sempre vincerà il ferro.

– Cosa borbotta, il mezzo rossino? – domandò Robert a bassa voce.

– Attento, Robert, non chiamarlo mai cosí. È una faccenda personale.

– D’accordo, – disse Robert. – Ma non capisco cosa dice.

– Che non c’è fretta.

– Non parla come tutti gli altri, tuo cugino.

– No, è di famiglia.

– Ah, se è di famiglia, è un’altra cosa, – disse Robert in tono rispettoso.

– Ovvio, – mormorò il ribaditore.

– E non è mio cugino, – dichiarò Adamsberg.

Robert ruminava una contrarietà. Adamsberg lo capiva dal modo in cui stringeva in pugno il bicchiere, e muoveva la mandibola da sinistra a destra come se masticasse del fieno.

– Qualcosa non va, Robert?

– Sei venuto per l’ombra di Oswald, non per il cervo.

– Come fai a dirlo? Le due cose sono successe contemporaneamente.

– Non mentire, bearnese.

– Vuoi riprenderti i palchi?

Robert esitò.

– Li hai tu, e li tieni tu. Ma non separarli. E non dimenticarteli.

– Non li ho mollati per tutto il giorno.

– Bene, – concluse Robert, rassicurato. – E cos’è, l’Ombra? Oswald dice che è la morte.

– In un certo senso, sí.

– E in un altro?

– È qualcosa o qualcuno che non mi ispira niente di buono.

– E tu, – sussurrò, – ti precipiti appena un idiota come Oswald ti dice che è passata un’ombra. O appena una povera donna come Hermance, che non ci sta piú con la testa, chiede di parlare con te.

– Il fatto è che un idiota di custode di cimitero, a Montrouge, ne ha vista una anche lui. E anche in quel cimitero uno svitato ha fatto scavare in una tomba per aprire la bara.



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