L’essere e l’evento (Mimesis) by Alain Badiou

autore:Alain Badiou [Badiou, Alain]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788857548388
editore: Mimesis Edizioni
pubblicato: 2019-05-02T16:00:00+00:00

Meditazione Ventiquattro

La deduzione come operatore

della fedeltà ontologica

Ho dimostrato nella meditazione 18 che l’ontologia, dottrina del molteplice puro, conduceva all’interdizione dell’appartenenza di un molteplice a se stesso e poneva di conseguenza che l’evento non è. Questo è il compito dell’assioma di fondazione. Non ci può essere problema intra-ontologico, dunque intra-matematico, della fedeltà, poiché il tipo di molteplice “paradossale” che fornisce lo schema dell’evento è forcluso da ogni messa in circolazione nella situazione ontologica. È stato deciso una volta per tutte che molteplici simili non sarebbero appartenuti a questa situazione. In questo l’ontologia resta fedele all’imperativo inizialmente formulato da Parmenide: bisogna allontanarsi da ogni via che potrebbe autorizzare l’affermazione di un essere del non-essere.

Tuttavia, dal fatto che non esiste concetto matematico dell’evento non si inferisce in nessun modo che non esistono neppure degli eventi matematici. È invece evidente il contrario. La storicità della matematica indica che la funzione di fondazione temporale dell’evento e dell’intervento vi gioca a pieno titolo. Un grande matematico non è altro che un interveniente nei pressi di un sito della situazione matematica devastata, a rischio dell’uno, dalla precaria convocazione del proprio vuoto. Ho del resto menzionato a questo proposito, nella meditazione 20, la chiara coscienza della propria funzione che aveva un genio matematico come Évariste Galois.

Se nessun enunciato ontologico, nessun teorema, concerne un evento, né valuta la prossimità dei suoi effetti, se dunque l’ontologia propriamente detta non legifera sulla fedeltà, è ugualmente vero che lungo tutto il dispiegamento storico dell’ontologia ci sono degli eventi-teoremi, e la conseguente necessità di esser loro fedeli. Questo ci ricorda con forza che l’ontologia stessa, che è la presentazione della presentazione, è presentata nel tempo solo come situazione, e che sono i nuovi enunciati a periodizzare questa presentazione. Il testo matematico è certo intrinsecamente egalitario, non classifica gli enunciati secondo il loro grado di prossimità ο di connessione con un enunciato-evento, con una scoperta in cui questo ο quel sito del dispositivo teorico si è trovato costretto a far avvenire dell’impresentabile. Gli enunciati sono veri ο falsi, dimostrati ο confutati, e tutti, in ultima istanza, parlano del molteplice puro, dunque della forma in cui si effettua il “c’è” dell’essere-in-quanto-essere. La preoccupazione, che hanno sempre i redattori di opere matematiche, di classificare gli enunciati secondo una gerarchia di importanza (teoremi fondamentali, teoremi semplici, proposizioni, lemmi, etc.) e, spesso, di indicare l’occorrenza dell’enunciato, nella forma della data e del matematico che ne è l’autore, sono tuttavia un sintomo, senza dubbio esterno all’essenza del testo, e tuttavia lampante. Sintomo sono anche quelle feroci dispute di priorità, dove i matematici si contendono l’onore di essere stati, rispetto a una certa mutazione teorica, il principale interveniente – cosa che l’universalismo egualitario del testo dovrebbe portare a considerare come indifferente. La disposizione empirica dello scritto matematico porta così la traccia del fatto che, abolita nel suo risultato esplicito, l’evenemenzialità ontologica regge tuttavia il fatto che l’edificio teorico sia, in un certo momento, quello che è.

Così come un autore di teatro che, sapendo che solo le repliche costituiscono per

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