L'ala del turbine intelligente - Glenn Gould by Glenn Gould

L'ala del turbine intelligente - Glenn Gould by Glenn Gould

autore:Glenn Gould [Gould, Glenn]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2024-02-13T23:00:00+00:00


LE COMPOSIZIONI PIANISTICHE DI SCHOENBERG

The Piano Music of Arnold Schoenberg.

Dalla copertina del disco Columbia M2S 736, 1966.

Per Arnold Schoenberg il pianoforte fu uno strumento essenzialmente comodo; in cinque occasioni (sei, se si calcola anche il Concerto per pianoforte) gli diede un ruolo di solista, e inoltre se ne servì nei Lieder, come accompagnamento per la voce, e in alcune composizioni da camera per vari complessi strumentali. E quindi possibile in qualche misura ricostruire l’evoluzione delle sue idee stilistiche attraverso l’analisi della sua scrittura pianistica; e si noterà, così facendo, che ad ogni nuova composizione il pianoforte, come strumento in sé, è un po’ meno importante. Con questo non si vuol dire che la meccanica del pianoforte non fosse congeniale a Schoenberg; nella sua produzione pianistica non c’è una sola frase che non tenga conto delle esigenze dell’esecuzione, né si vedono tracce di quei pregiudizi illogicamente antistrumentali che influenzarono sempre più le sue composizioni per violino e che avrebbero avuto il loro fatale epilogo nella ressa di figurazioni e negli impossibili armonici pretesi da quello strumento nella Fantasia op. 47.

Schoenberg quindi non scrive contro il pianoforte, ma non può neppure essere accusato di scrivere per il pianoforte. Nella sua musica per questo strumento non c’è una frase che riveli il minimo influsso delle sonorità percussionistiche utilizzate nella stragrande maggioranza delle musiche tastieristiche contemporanee. I casi sono due: o Schoenberg si rese conto che il metodo del moto ritmico barbarico1 era una via senza sbocco, come risultò ampiamente in seguito (intuizione che troviamo in pochissimi suoi colleghi), e che la sua epoca d’oro sarebbe durata soltanto finché duravano i tendini delle mani dei pianisti; oppure, come ritengo più probabile, le sue idee su come meglio servirsi dello strumento furono del tutto diverse sin dagli esordi. È raro che Schoenberg imponga al pianoforte esibizioni acrobatiche: tutt’al più si potrebbero citare gli armonici del pedale del primo tempo dell’op. 11 (che non riescono quasi mai a farsi sentire al di là della prima fila) e le diaboliche indicazioni metronomiche del Concerto per pianoforte (che andrebbero però prese con un grano di sale, come consiglia l’autore nella sua conciliante introduzione), ma a parte queste eccezioni sono rarissimi i casi in cui egli esige dallo strumento prestazioni poco compatibili con la natura della cassa armonica. Pur usando un equivalente strumentale dello Sprechgesang in gran parte della sua produzione violinistica, non tenta mai di sfruttare questi procedimenti personalissimi nei pezzi per pianoforte.

Com’è noto, Schoenberg non scrisse, o almeno non pubblicò, nessun brano per pianoforte finché non si sentì pronto ad abbandonare quella tarda fioritura delle sonorità tonali che segna la sua prima maniera. In quel primo periodo scrisse però una gran quantità di Lieder, e per i migliori di quelli dell’op. 1 e dell’op. 2 e per le liriche vocali dell’op. 3 e dell’op. 6 egli elaborò un tipo di accompagnamento che mi sembra più originale e invero più adatto allo strumento degli analoghi accompagnamenti composti da Brahms e da Hugo Wolf, e non meno brillante (scusate



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