L'arte di coltivare l'orto e se stessi by Adriana Bonavia

L'arte di coltivare l'orto e se stessi by Adriana Bonavia

autore:Adriana Bonavia [Bonavia, Adriana]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Ponte alle Grazie
pubblicato: 2015-03-09T23:00:00+00:00


Tutto è in relazione con tutto in tutti i punti. […] tutto ciò che esiste, coesiste. Tutto ciò che coesiste, preesiste. E tutto ciò che coesiste e preesiste sussiste attraverso una rete infinita di relazioni onnicomprensive. Il tutto si trova in relazione. Niente esiste al di fuori della relazione.

Non sempre sono sola nell’orto; sovente, quando vengono a pranzo degli amici, usciamo insieme a raccogliere verdure. Raccogliamo e chiacchieriamo di gusto, magari perché non ci vediamo da tempo; così facendo, però, non siamo minimamente partecipi della meraviglia di queste vite vegetali che si sono preparate per noi.

Ma quando si è in ascolto ci si offrono possibilità insperate e, se si è attenti ai segni, talvolta ne scaturiscono situazioni e relazioni che illuminano il vivere. Così quest’anno una persona che abita da queste parti, avendo letto un mio libro, mi ha rintracciato ed è venuta a trovarmi; parlando delle nostre letture, della meditazione, delle nostre esperienze con la natura e la coltivazione abbiamo costatato, come si dice prudentemente in questi casi, di avere diversi interessi in comune.

È venuta altre volte. Un giorno d’estate, presa da compassione per lo stato trascurato del mio orto, s’è offerta di ripulirlo dalle erbacce: una proposta generosa, perché si tratta di un lavoro faticoso da fare in ginocchio. Ho subito aderito, ma non per questa considerazione; mi erano balzate fulminee alla mente le parole di alcuni maestri di meditazione: pulire la verdura, lavare i piatti, spaccare la legna, portare l’acqua, lavare il pavimento è meditazione. Sarchiare l’orto non potrebbe essere meditazione? E non potremmo provarlo insieme?

Siamo entrambe allenate alla pratica meditativa, ma secondo scuole molto diverse. L’unico maestro comune, se si può dire così per averlo letto, è quel Thich Nhat Hanh, monaco buddista vietnamita, che vive in una piccola comunità del sud della Francia dove scrive, insegna e coltiva la terra, in un certo senso un collega. Le ho proposto di partire da qui: sarchiare insieme le aiuole meditando secondo il suo metodo.

Non avevo mai tentato un’esperienza del genere, per di più con una persona che conoscevo così poco; ma la sua offerta mi appariva come un’inconsapevole, ineludibile chiamata. Fidavo che Qualcuno più in alto di noi ci avrebbe condotte per mano.

Ci ritrovammo due giorni dopo. Avevo preparato un percorso meditativo sulla traccia di uno degli esercizi proposti dal monaco coltivatore, «permeati dalla coscienza della bellezza e dell’interdipendenza di ogni forma di vita», basati sulla pratica della consapevolezza del respiro. L’esercizio scelto aveva per argomento la vita della natura, in particolare del coltivato.

Cominciammo sedute nel brolo all’ombra del platano che era stato argomento di quel mio scritto, una conca di verde trasparente che già induce al raccoglimento. Pronunciavo le frasi una ad una, con lunghe pause. Eravamo raccolte in noi stesse e nel medesimo tempo aperte al mondo intorno a noi; la natura sembrava risponderci. Quando pronunciai «in contatto con gli uccelli» si levò un loro intensissimo canto, quando evocai il vento una folata fresca ci passò vicino.

Era calata una grande calma. Passò un buon tempo e ci guardammo: io mi sentivo gioiosa e leggera, la mia ospite appariva radiosa.



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