L'Egitto tra rivoluzione e controrivoluzione by Gianni Del Panta;

L'Egitto tra rivoluzione e controrivoluzione by Gianni Del Panta;

autore:Gianni, Del Panta; [Del Panta, Gianni ]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Politica, Studi e Ricerche
ISBN: 9788815353672
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2019-08-15T00:00:00+00:00


1999

164

2000

135

102*

2001

115

132*

138**

2002

96

2003

86

2004

266

386.346

2005

202

141.175

2006

222

198.088

2007

614

692*

474.838

2008

609

447*

541.423

2009

432

478*

2010

371

530*

530**

Fonti: Beinin [2016: 66]; * Abdelrahman [2014: 57]; ** Alexander e Bassiouny [2014: 108]

Ancor più significativamente, l’ondata di scioperi e proteste arrivò a colpire anche il settore privato, che negli anni precedenti era rimasto ai margini [Alexander 2010, 247]. Ad esempio, mentre nel 2006 oltre il 70% di tutte le agitazioni dei lavoratori erano ancora concentrate nel settore statale, nel 2010 tale percentuale era scesa a meno del 55%, rendendo evidente come lo spirito militante avesse «viaggiato» dai tradizionali bastioni del movimento operaio al nuovo settore privato, situato in gran parte nelle città satelliti costruite attorno al Cairo e costituito da aziende di medie e piccole dimensioni che mancavano di qualsiasi tradizione di attivismo operaio [El-Mahdi 2011, 393; Beinin 2016, 68].

Tornando a Mahalla, la vittoria nel grande sciopero del dicembre 2006 non ristabilì la pace sociale. Al contrario, il comitato di sciopero, che era stato eletto direttamente dai lavoratori nel corso delle proteste nel tentativo di aggirare la macchina completamente burocratizzata e co-optata del sindacato unico dell’ETUF, lanciò una campagna contro la commissione sindacale di fabbrica, accusata di essere più vicina al regime che ai lavoratori. Circa 13 mila operai firmarono la petizione, mentre 3 mila di loro abbandonarono, commettendo così un atto illegale e di grande forza simbolica, l’ETUF. Per quanto questi atti non vennero recepiti in alcun modo dal sindacato di regime, rimanendo così lettera morta, rappresentano indiscutibili testimonianze del carattere militante di Mahalla. Uno spirito combattivo che emerse ancora una volta nel settembre del 2007, quando le promesse della concessione di un bonus ai lavoratori in caso di super-profitto da parte dell’azienda furono nuovamente disdette. Dopo un lungo e combattivo sciopero di sei giorni, la vittoria degli operai poteva dirsi completa: l’azienda era costretta a pagare il bonus promesso e l’odiato amministratore delegato Mahmud al-Gibali rassegnava le proprie dimissioni [Beinin 2016, 77-78]. Il successo incoraggiò gli operai di Mahalla, decisi adesso a muovere da richieste legate alla singola vertenza a domande di carattere generale. Con la finalità di fare pressioni per l’introduzione di un salario minimo di 1200 lire egiziane, venne così programmato uno sciopero generale dell’intero comparto tessile per il 6 aprile 2008 [Alexander e Bassiouny 2014, 120]. Gli sforzi furono immensi, ma lo sciopero non riuscì. Una combinazione di fattori spiega il fallimento. Da un lato, il coordinamento tra i vari comitati di fabbrica era troppo debole per sostenere un simile tentativo, mentre l’appoggio fornito dal movimento democratico cairota fu a parole generoso, ma all’atto pratico poco consistente. Dall’altro, individuando nel collegamento tra proteste economiche e mobilitazioni nazionali un elemento di grande pericolosità, il regime agì prontamente, mettendo in campo una spietata repressione accompagnata da alcune concessioni. Alcuni giorni prima delle annunciate proteste, la grande fabbrica di Mahalla venne preventivamente occupata dalle forze di sicurezza, mentre benefit sociali e trasporti gratuiti vennero promessi a chi non avrebbe preso parte alle proteste. La strategia della «carota e del bastone» ebbe successo, ed il 6 aprile i lavoratori tessili rimasero silenziosi in tutto il Delta.

Tuttavia, per oltre



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