Sporche guerre. Dall'Afghanistan ai Balcani le avventure e gli incontri di un grande inviato by Ettore Mo

Sporche guerre. Dall'Afghanistan ai Balcani le avventure e gli incontri di un grande inviato by Ettore Mo

autore:Ettore Mo [Mo, Ettore]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788817860673
editore: Rizzoli
pubblicato: 1999-04-01T00:00:00+00:00


1995.

FILIPPINE, LA “JIHAD” A MINDANAO.

Lo cercano i militari perché umiliati dalla sua sanguinaria arroganza, lo cerca la polizia perché beffata dalla sua spietata efficienza e lo cerchiamo noi, da un paio di settimane, per vedere che faccia o che sorriso abbia (ammesso che ne abbia uno) questo truce eroe delle Filippine che sta seminando terrore nel sudovest dell’isola di Mindanao.

Abdurajak Janjalani ha 32 anni ed è il leader dell’Abu Sayaf, il più feroce dei gruppi terroristici islamici, il cui obiettivo è la creazione di uno Stato musulmano nell’isola.

Mindanao fa parte di un arcipelago che è cristiano-cattolico per oltre il 95 per cento. Coraz¢n Aquino, quando andò al potere nell’86 dopo vent’anni di dittatura di Marcos, era la madonna delle Filippine e tutta vestita di giallo s’era inginocchiata davanti al cardinale Sin, che la benedisse e le diede il benvenuto sul trono di Manila anche a nome del Papa.

Nell’86, quando i canti eucaristici invadevano l’arcipelago, Janjalani aveva 23 anni. Nato a Isabela, capitale dell’isola di Basilan (un’ora e mezzo di ferry a sud di Zamboanga, in uno dei mari più belli e più caldi del mondo), aveva mandato a memoria i versetti del Corano, anche se la mamma, cristiana, avrebbe preferito proiettargli Gesù come modello di vita. Isabela è una città sgangherata, piatta sotto le colline davanti a un catino d’acqua azzurra e sporca e la vita notturna è quella dell’arcipelago, con abominevoli discoteche frastornate dal juke-box affacciate su marciapiedi immondi e ragazzine con gli occhi ancora umidi e gentili, ma già cosi lontane dall’adolescenza, sfasciate da ogni tipo di miseria.

Siamo arrivati a Basilan in un pomeriggio afoso. Abbiamo visto molta gente, un generale dell’esercito, un ex governatore dell’isola di fede islamica, il portavoce dello M.N.L.F. (Moro National Liberation Front), che è il Fronte di liberazione nazionale dei Moros, i musulmani di Mindanao che vogliono l’autonomia dell’isola dal governo di Manila. Ma Janjalani, no. Abbiamo atteso una giornata in una casupola in attesa di un messaggio che non è mai arrivato. Lo segnalavano in una foresta a 20 chilometri di distanza, poi dicevano che era a Jolo, nel mare di Sulu, un’altra isola, e poi che era a Sandakan, in Malaysia, nello Stato di Sabah. Ma forse era meglio che tornassimo a Zamboanga, dicevano con la mano sul cuore e sul taschino nel quale avevano infilato qualche dollaro (nostro), dove Janjalani stava prendendo il sole sulla piscina dell’hotel Lantaka, col mitra in stato di riposo e un bicchiere di Seven-Up ghiacciata a portata di mano.

I militari lo vogliono perché sarebbe lui il principale responsabile dell’eccidio di Ipil, dove sono morte, il 4 aprile scorso, almeno 54 persone. Altri sono pronti a scagionarlo. La verità non è ancora venuta a galla. Ipil è una cittadina tranquilla, 60 mila abitanti, sulla baia di Sibuguey, una lunga fetta di terra nella provincia di Zamboanga del Sur. Da Zamboanga City, la corriera ci porta in meno di quattro ore: se ti imbarchi alle cinque del mattino passi attraverso villaggi che sono già svegli, la mercanzia



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