L'inchiostro della malinconia (Piccola biblioteca Einaudi. Nuova serie) (Italian Edition) by Starobinski Jean

autore:Starobinski, Jean [Starobinski, Jean]
La lingua: ita
Format: epub
editore: EINAUDI
pubblicato: 2014-11-30T16:00:00+00:00

Nell’ironia, la salvezza?

I.

Una buffoneria trascendentale

Il XVIII secolo è tutto un fiorire di pièces fugitives 1, di œuvres badines 2, di bagatelle, di aneddoti, di facezie, opere di brevi dimensioni che rispondono a uno dei gusti piú tipici dello stile «rocaille»: l’assottigliamento, la «miniaturizzazione». La moda favorisce le piccole cose per controbilanciare i grandi monumenti e le ampie prospettive: piccoli appartamenti, ninnoli, minuscoli putti 3. (Già Luigi XIV, a Versailles, per la decorazione dei suoi giardini, voleva si mettesse «infanzia ovunque».)

Il racconto di fate, «epopea in miniatura» 4, occupa un posto di spicco nella letteratura dell’epoca. I quarantun volumi del Cabinet des fées 5, che offrono al pubblico borghese ciò che la Bibliothèque bleue 6 offriva al pubblico popolare, sono ben lungi dal raccogliere tutta la produzione fiabesca 7.

Si comincia col raccogliere e adattare i racconti di «mamma l’oca», si attinge alle fonti popolari. È quel che ha fatto il napoletano Basile, all’inizio del XVII secolo, nel meraviglioso Pentamerone, è ciò che farà Perrault. Presto affluiranno i tesori dell’Oriente, e i loro pastiche: Les Mille et Une Nuits 8, Les Mille et Un Jours 9 e Les Mille et un Quarts d’heure 10. Per europei infatuati di esotismo, il paese delle fate, se è per di piú situato nell’impero del Mogol, offre il duplice spaesamento del meraviglioso e del cielo asiatico: si è contemporaneamente trasportati in un altro continente e in un altro mondo, fra i geni e sotto i minareti.

Il racconto di fate è come l’ombra portata dal mito: riduce i dati mitici alla loro struttura narrativa minima, spesso su un piano perfettamente familiare. Mette in campo «archetipi» religiosi o cosmologici, ma per giocarvi in tutta libertà. I racconti della nutrice, di immemorabile antichità, sono rivolti al bambino per il quale tutto è gioco: vi si propongono miti simulati per un simulacro di credenza. L’invenzione sviluppa cosí un orizzonte immaginativo in cui l’ascoltatore vede profilarsi un popolo di esseri fantastici, visitatori probabili e improbabili delle ore notturne, meno maestosi degli dèi, ma piú consistenti dei sogni.

Nell’Occidente cristiano, nel secolo di Basile e di Perrault, il racconto non ha ormai piú una funzione cosmologica; comporta, sporadicamente, un residuo morale; ma si tratta, molto spesso, di una lezione inventata a posteriori e artificialmente sovrapposta. Negli ambienti colti, l’attitudine ad accettare dogmi è al suo livello piú basso; il fascino esercitato dal racconto deriva in buona parte dal ruolo che concede al lettore: questo è autorizzato a farsi spettatore divertito di una serie di avvenimenti piacevoli che non rientrano nella sfera del verosimile. Non gli è richiesto di prendere sul serio quanto gli viene offerto: gli si propone un semplice divertimento, di cui può gustare il sapore a distanza, come senza parteciparvi. È un piacere analogo a quello che molti lettori continuano a ricavare dalla lettura dell’Ariosto o anche di Folengo: si srotolano avventure connesse in maniera talmente inverosimile per il «senso» moderno della causalità che resta il mero godimento del capriccio poetico secondo il quale si susseguono belle e libere scene.

La gratuità del racconto di fate, il puro piacere di raccontare ha potuto tentare grandi maestri della parola.

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