L'Italia non c'è più by Giampaolo Pansa

autore:Giampaolo Pansa
La lingua: ita
Format: azw3, mobi, epub
Tags: 20th Century, Social History
ISBN: 9788858689066
editore: Rizzoli
pubblicato: 2017-03-09T23:00:00+00:00

Era l’ottobre del 1944. Dovevo consegnare a un comandante partigiano una somma importante di denaro che mi era stata affidata dal Comitato di Liberazione nazionale della Liguria. Presi un treno che partiva da Genova diretto ad Alessandria. E scesi alla stazione di Novi Ligure. Secondo gli accordi, lì doveva aspettarmi un’altra staffetta partigiana pronta a ricevere il denaro. Al mio arrivo però non trovai nessuno. Insospettita, feci giusto in tempo a nascondere il plico con il denaro dietro il muro di una casa ridotta in macerie dai bombardamenti alleati. Quindi mi accinsi a ripartire con un altro treno che ritornava a Genova.

Ero appena salita sul convoglio, quando venni fermata da due uomini in borghese. Dissero di essere poliziotti fascisti, mi mostrarono il loro tesserino e mi invitarono a seguirli. Conoscevo abbastanza Novi Ligure per sapere dove stava il commissariato di pubblica sicurezza. E mi accorsi subito che non mi stavano portando lì. Infatti mi condussero in un alloggio della periferia e mi consegnarono a un tizio in borghese, sui trent’anni.

Mi fece entrare in una stanza spoglia dove c’erano soltanto due sedie, collocate una di fronte all’altra. Era cortese e disse: «Sappiamo che lei è una staffetta del Comitato antifascista di Genova. Perché è venuta a Novi?». Gli risposi che dovevo incontrare una sarta che mi stava cucendo un vestito. Lui non mi chiese né il nome né l’indirizzo della sarta perché sapeva che stavo dicendo il falso. Si limitò a informarmi che mi avrebbe affidata a due suoi camerati. Avvisandomi: «Sono molto meno gentili di me. E la costringeranno a parlare…».

In realtà i due camerati erano uno solo. Un maciste sui quarant’anni, con i modi del macellaio e lo sguardo del vizioso. Mi ordinò: «Spogliati, voglio vederti nuda». Ero in preda al terrore e non ce la feci a denudarmi. A togliermi gli ultimi indumenti ci pensò lui, strappandomeli di dosso. Poi mi scaraventò su un pagliericcio lurido, sporco di sangue e di urina. Lì mi stuprò. Si rese subito conto che non ero vergine e diventò una bestia. Urlava: «Sei così giovane e hai già fatto la puttana!». Mi colpì in faccia con un pugno e mi assalì una seconda volta.

In seguito, qualche amica mi ha chiesto che cosa avessi provato durante la violenza e dopo. Mentre quel barbaro mi prendeva, non provai assolutamente nulla. Lo sentivo dentro di me, ma era come se si trovasse nel corpo di un’altra donna che mi era estranea. Dunque non avvertivo nessun dolore e, soprattutto, nessun piacere. Anche dopo lo stupro non ho provato nulla, meno che mai vergogna. Ero stata presa contro la mia volontà e questo mi assolveva. Per qualche tempo mi sono domandata se poteva avermi messa incinta. Quando mi sono resa conto che non era così, ho dimenticato la giornata di Novi Ligure.

Mentre stavo ancora riversa sul pagliericcio, il mio violentatore uscì dalla stanza e andò a parlare con altri due uomini. Ero stordita, ma compresi che stavano litigando. Uno gli disse: «Il comando della Guardia nazionale repubblicana ci ha ordinato di non toccare le prigioniere.

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