L'ombra di Einstein by Seth Fletcher

L'ombra di Einstein by Seth Fletcher

autore:Seth Fletcher [Fletcher, Seth]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Bollati Boringhieri
pubblicato: 2019-06-05T22:00:00+00:00


Parte terza

Muri di fuoco

15.

Da un certo punto di vista i buchi neri sono il modo che la natura ha per dirci che non c’è speranza: i buchi neri vi intrappoleranno, cancelleranno qualunque traccia della vostra esistenza e poi svaniranno. Per i più la prospettiva è troppo tetra, ed è per questo che da decenni i fisici teorici lottano con l’ipotesi, avanzata da Stephen Hawking, che i buchi neri distruggano l’informazione. L’intento è quello di trovare un modo per far sì che l’informazione riesca a fuggire da un buco nero, un’entità che pare essere, per definizione, una prigione da cui è impossibile evadere. Nell’ambito di tali tentativi si è ipotizzato che l’informazione che cade in un buco nero venga aspirata in un nuovo universo in formazione. E si è ventilato che, evaporando, i buchi neri lascino dei residui, dei granelli di cenere primordiale nei quali è impressa la storia di tutto ciò che vi è caduto dentro. Tuttavia né l’una né l’altra congettura ha avuto la capacità di resistenza dimostrata dall’ipotesi – proposta nei primi anni novanta da Leonard Susskind, Lárus Thorlacius e John Uglum – nota come complementarità dei buchi neri.1

La complementarità dei buchi neri condivide la bizzarra tesi della dipendenza dall’osservatore che ripugnò agli scienziati negli anni trenta del XX secolo, allorché J. Robert Oppenheimer e Hartland Snyder previdero che una persona che precipita in un buco nero percepirebbe una realtà totalmente diversa da quella percepita da un osservatore lontano. Nella meccanica quantistica la luce è sia un’onda che una particella; la forma che assume dipende dal modo in cui viene osservata. Susskind e colleghi suggerirono che qualcosa di simile avvenga anche nel caso dei buchi neri. Nel modello di Susskind-Thorlacius-Uglum un individuo che cade in un buco nero vi precipita dentro oltrepassando l’orizzonte degli eventi e sprofondando nella singolarità, dove viene polverizzato e assume uno stato che è al di là dell’umana comprensione. Ma un osservatore distante che guarda un individuo cadere in un buco nero lo vede invece appiattirsi e spalmarsi lungo tutto l’orizzonte degli eventi. Le due descrizioni sono ugualmente veritiere. Non si contraddicono, sostiene l’ipotesi, perché è impossibile realizzare un esperimento che conduca a una contraddizione. Ciò perché l’unico osservatore che potrebbe testimoniare di aver oltrepassato l’orizzonte degli eventi rimanendo intatto si trova dietro tale orizzonte, isolato dal resto dell’Universo.

L’ipotesi della complementarità afferma inoltre che una qualche strana superficie situata immediatamente all’esterno dell’orizzonte degli eventi conserva le informazioni relative al contenuto interno del buco nero. Tutte le informazioni, cioè ogni singolo stato di ogni singolo elemento fondamentale (di qualunque cosa si tratti: stringhe, brane, loop) dello spaziotempo. I fisici chiamano questi stati indefiniti «gradi di libertà». Le superfici a due dimensioni che contengono informazioni su aree tridimensionali ci sono familiari. Le chiamiamo ologrammi. La tesi secondo cui tutte le informazioni relative a ciò che contiene un buco nero sono impresse su una superficie immediatamente esterna all’orizzonte degli eventi è pertanto detta principio olografico.

Pare assurdo affermare che l’intero contenuto di una regione dello spazio – ciascun



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