Lucarelli Carlo - 2015 - Il tempo delle iene by Lucarelli Carlo

autore:Lucarelli Carlo [Lucarelli Carlo]
La lingua: ita
Format: epub, mobi
Tags: Fiction, Mystery & Detective, Historical
ISBN: 9788806225636
Google: vngprgEACAAJ
editore: Einaudi
pubblicato: 2015-12-14T23:00:00+00:00

Sei

Seduto a cassetta, rigido e attento a tenere le redini perché la strada questa volta era poco piú di un sentiero, Ogbà pensava.

Pensava che Woldeab aveva ragione, da quella parte la terra era piú fertile, bella verde e anche piú fresca nonostante il sole già alto, ma i t'liàn non sembravano avere molta voglia di coltivarla. C'erano alberi, frasche, cespugli, pure erba, ma nonostante si fossero già addentrati da un pezzo nella concessione del marchese non avevano ancora visto un campo coltivato.

Anche Colaprico, appoggiato con la schiena al montante del soffietto a cercare di fumare il primo sigaro del mattino, nonostante quel sonno malato che lo aveva tormentato il giorno prima e che adesso gli dava anche brividi e un po' di nausea, pensava.

Pensava che avevano lasciato la strada principale appena dopo Teramní, che era un villaggio piccolo ma densamente abitato e anche ricco, con uomini forti e ben nutriti, e allora perché far venire gente da Afelba, come quei tre impiccati al sicomoro, per lavorare alla concessione? Era un punto da chiarire, uno dei lati da smussare per inserire un'altra tessera nel mosaico.

Avrebbe voluto condividere quel pensiero con Ogbà, ma nell'istante in cui prese fiato per parlare l'esplosione di uno sparo risuonò cosí vicina e cosí forte che per un attimo a Colaprico sembrò che anche il cielo che stava guardando distrattamente sobbalzasse con lui. Voleva portare la mano alla pistola ma non riuscí a fare neppure quello, perché qualcosa saltò fuori da un cespuglio al lato del sentiero – prima un'ombra bianca, poi una sagoma che rimbalzava davanti a loro e alla fine il sedere grigio di una gazzella che spariva tra gli alberi, dall'altra parte – e Colaprico dovette attaccarsi al montante del calesse per non esserne sbalzato giú dal cavallo imbizzarrito.

Ogbà riuscí a mantenere le redini soltanto perché un uomo, saltato fuori dal cespuglio anche lui come la gazzella, afferrò i finimenti del cavallo e lo tenne giú.

Era una specie di gigante, alto e massiccio, e al primo sguardo tutti e due – Ogbà e il capitano – pensarono che fosse un frate perché aveva addosso quello che sembrava un saio, e anche i sandali, e una barba che se non fosse stata schiacciata e incordellata dalla polvere forse gli sarebbe arrivata fino al petto. Però aveva i capelli lunghi, tenuti insieme da una coda sulla nuca, sporchi anche quelli di terra – cosí tanto che sembravano rossi – e stretto sottobraccio un fucile.

Era soltanto una doppietta da caccia, ma appena riprese l'equilibrio Colaprico finí comunque di slacciare l'asola della fondina e mise la mano sul calcio della pistola.

Merde, disse il gigante, poi lo ripeté in italiano, ma con un accento cosí forte che sembrava stesse ancora parlando in francese. – Scusatemi, non volevo spaventare il cavallo. Ho usato un piombo troppo piccolo e quella maledetta mi è scappata. Peggio per lei, andrà a morire da qualche parte.

Il gigante aprí la doppietta abbassando le canne per tirare fuori un bossolo che lanciò lontano, poi infilò una mano sotto il saio, dove si intravedeva una cartucciera.

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