L'ultimo Cavaliere (I edizione) by Stephen King

L'ultimo Cavaliere (I edizione) by Stephen King

autore:Stephen King [King, Stephen]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Horror-Fantasy
editore: Sperling & Kupfer
pubblicato: 2011-07-14T00:00:00+00:00


Il pistolero parlò lentamente a Jake nelle altalenanti cadenze di un sogno: «Eravamo in tre, Cuthbert, Jamie e io. Non avremmo dovuto essere lì, perché nessuno di noi era passato per il tempo dei bambini. Se fossimo stati presi, Cort ci avrebbe scorticati. Ma non ci presero. Credo che nessuno di coloro che andarono prima di noi siano stati presi. I ragazzi devono indossare di nascosto i calzoni dei loro padri, rimirarsi e pavoneggiarsi davanti allo specchio e poi riporli sulle loro grucce senza farsi accorgere. Era così. Il padre finge di non vedere che sono appesi in maniera diversa, di non vedere le tracce di baffi disegnati con il lucido da scarpe rimasti sotto il naso. Capisci?»

Il ragazzo non disse niente. Non aveva più parlato da quando si erano lasciati alle spalle la luce del giorno. Il pistolero aveva parlato freneticamente, febbrilmente, per riempire il suo silenzio. Lui non si era girato a guardare la luce quando avevano varcato la soglia della cavità buia sotto le montagne, ma il ragazzo sì. Il pistolero aveva letto l'agonia del giorno nello specchio soffice della sua guancia: ora rosata; ora opalina; ora pallido argento; ora ultima appendice luminosa della sera; poi più niente.

Ora erano accampati. Nessuna eco giungeva fino a loro dell'uomo in nero. Forse si era fermato anche lui per riposare, o forse proseguiva senza luci nel suo attraversamento di antri notturni.

«Si teneva una volta all'anno nel Salone principale», riprese il pistolero. «Noi lo chiamavamo la Sala dei Nonni, ma era solo il Salone.»

Si sentiva gocciolare dell'acqua.

«Un rito di corteggiamento.» Il pistolero si lasciò andare a una risatina sprezzante e le pareti di roccia trasformarono il suono in uno sbuffo sibilante. «Nei tempi antichi, raccontano i libri, si dava il benvenuto alla primavera. Ma la civiltà, si sa...»

La frase gli morì sulle labbra, perché non riusciva a trovare le parole giuste con cui descrivere i mutamenti intrinseci di quella definizione meccanizzata, la morte del romantico e il suo riflusso sterile e carnale, in una parvenza solo forzata di sfarzo e cerimoniale; i passi geometrici del corteggiamento durante il ballo della notte pasquale nel Salone che aveva sostituito i focosi scarabocchi dell'amore dei quali poteva avere tutt'al più soltanto vaghe intuizioni: vacua grandiosità in un luogo di prosaiche e travolgenti passioni che un tempo forse spazzavano via l'anima.

«Ne hanno cavato qualcosa di decadente», proseguì il pistolero. «Una recita. Un gioco.» Nella sua voce c'era tutto l'inconscio disprezzo dell'asceta. Se ci fosse stata una luce più intensa a illuminargli la faccia, Jake avrebbe visto com'era cambiata, ora espressione di durezza e sconforto, senza che però ne fosse stata mutilata o diluita l'essenziale forza. Restava sorprendente la totale mancanza d'immaginazione che vi si leggeva.

«Ma il Ballo», seguitò il pistolero, «il Ballo...»

Il ragazzo non parlò.

«C'erano quattro lampadari di cristallo, vetri pesanti e lampadine elettriche. Era tutta luce, un'isola di luce.

«C'eravamo arrampicati di soppiatto in una delle vecchie gallerie, quelle che si diceva fossero pericolanti. Ma eravamo ancora ragazzini. Eravamo sopra tutti e potevamo guardarli dall'alto. Non ricordo che nessuno di noi abbia aperto bocca.



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