MARGARET MILLAR by stevenlob

autore:stevenlob
La lingua: ita
Format: mobi, epub
pubblicato: 2007-09-12T21:49:31+00:00

14

Garino attendeva davanti al portone. Le luci erano spente tanto nell'ingresso quanto sulla veranda e il marciapiede era stato ripulito e cosparso di cenere. Non appena vide l'auto che si fermava, l'uomo scese gli scalini e aprì la portiera per far scendere la signora Loftus.

«Oh, eccola, Victor» disse lei, come se lo avesse cercato in tutta la città.

«Eccomi» replicò Garino, un po' arcigno. «Ha mangiato? Sono le nove.»

«Già le nove? Povera me. Come passa il tempo...»

«Ha mangiato?»

«Non ho appetito.»

«Le porterò qualche cosa di sopra.»

«Ho detto che non ho fame, Victor.»

«Va bene. Venga, ora entriamo.»

Meecham li seguì nell'ingresso, con il pacco delle lettere sotto il braccio.

«Questo signore tanto gentile mi ha accompagnato a casa. È un estraneo, per me, ma qualche volta penso che gli estranei siano più gentili degli altri.»

«Dov'è stata?»

«Caro Victor, dove sarei potuta andare? Sono stata alla stazione degli autobus, naturalmente. Se una persona deve prendere un autobus, va alla stazione degli autobus.»

«Che autobus?»

«Quello diretto ad Arbana, per andare da Earl. Stamane ho ricevuto una lettera da lui e ho capito che ha bisogno di me. Un figlio ha bisogno di sua madre, quando ha dei guai.»

«Che specie di guai?»

«Non lo ha spiegato chiaramente, ma riesco a leggere tra le righe. Era chiaro come il giorno. Earl ha bisogno di me, mi sono detta, devo andare ad aiutarlo. Ma poi...» La sua voce si affievolì e il suo volto si atteggiò allo sconcerto, alla delusione: «Ma poi non sono partita. Non sono partita, ve-ro?»

«Ha fatto bene. È meglio che rimanga qui.»

«Ma mio figlio...»

«Earl è un bravo ragazzo. Non si metterà nei guai.»

Garino aprì la porta dell'appartamento n. 5, la spinse con il gomito destro e premette il pulsante della luce sulla parete con la sinistra, il tutto in un unico movimento, come se avesse fatto la stessa cosa cento volte: «Prego, entri, signor Meecham.»

Meecham entrò ma non chiuse la porta alle proprie spalle. L'odore che aleggiava nel piccolo soggiorno era insopportabile. Era evidente che qualcuno, forse lo stesso Garino, aveva cercato di riordinare frettolosamente la stanza e non aveva avuto il tempo di ripulire il fornello. Era coperto di rifiuti; mozziconi di sigarette, giornali, torsoli di mele, un'arancia ammuffi-ta, un cespo di lattuga appassita, una bottiglia di salsa di pomodoro vuota, annerita dal fuoco, e uno spicchio di formaggio condito con olio. Ogni mobile della stanza recava i segni delle quotidiane battaglie sostenute dalla signora Loftus contro se stessa: bruciature e macchie, ammaccature, buchi, molle rotte.

«Povera me» disse la vecchia signora. «È bello essere a casa. Credo che andrò a preparare un po' di caffè.»

Si mosse in direzione della cucina reggendo il sacchetto di carta con entrambe le mani.

Garino la intercettò sulla porta: «Preparerò io il caffè, lei vada a sedersi.»

«No, lo preparerò io. Sto abbastanza...»

«Mi dia la bottiglia» la interruppe Garino.

«Quale bottiglia?»

«Me la dia.»

«Se sta parlando della medicina contro la tosse che ho acquistato nel pomeriggio... Soffro di questa tosse... Non sto bene, Victor, lei lo sa. Non sto bene. Alla stazione degli autobus ho avuto un brutto svenimento.

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