Mistica islamica by Georges C. Anawati & Louis Gardet

Mistica islamica by Georges C. Anawati & Louis Gardet

autore:Georges C. Anawati & Louis Gardet [Anawati, Georges C. & Gardet, Louis]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Jaca Book
pubblicato: 2021-04-26T00:00:00+00:00


Capitolo III

PENTIMENTO, RINUNCIA, ABBANDONO

1. Il pentimento (tawba)

Dopo aver definito le basi dogmatiche generalmente professate, secondo lui, dai sufi, al-Kalābādhī ci introduce alla vita ascetica e mistica, mettendo in evidenza le principali tappe o stazioni (maqāmāt).

Il punto di partenza è il pentimento, tawba, il movimento di ritorno a Dio. La nozione è coranica: «È Colui che accoglie il pentimento dai Suoi servi e li assolve dalle loro colpe. Egli conosce quel che fate»1. Ciò che è richiesto è di domandare perdono al Signore, e di avere il fermo proposito di non commettere gli stessi errori: «I quali se hanno commesso qualche turpitudine o hanno fatto torto a se stessi, ricordano Dio, chiedono perdono per le proprie colpe – chi mai può perdonare le colpe al di fuori di Dio? – e non preservano nel male che hanno compiuto, e lo sanno bene./ Avranno come ricompensa il perdono del loro Signore e i giardini alla cui ombra scorrono i fiumi, dove resteranno eternamente, com’è bella la ricompensa di chi fa il bene!»2.

Non sono state prese in considerazione in questa sede le discussioni dei giuristi e dei teologi sul concetto di tawba. È risaputo che i khārijiti e i mu‘taziliti lo esigeranno per ogni peccato grave. Nella loro visione, gli atti imposti dalla Legge rientrano nella nozione stessa di fede, sono parte integrante della testimonianza di fede. Pertanto, chiunque muoia senza essersi pentito di un «peccato grave» commesso, sarà considerato un infedele agli occhi di Dio e punito per l’eternità all’Inferno. Tuttavia, gli ḥanafiti-māturīditi definiranno la fede come testimonianza del cuore e della lingua e nel corso dei secoli, in linea generale la scuola ash‘arita farà dell’adesione interiore l’elemento formale della testimonianza di fede. Ora, secondo gli ḥadīth, chiunque muoia avendo «un atomo di fede nel cuore» non sarà «tra gli abitanti dell’Inferno». Di conseguenza, la tawba è necessaria affinché i «peccati gravi» siano «perdonati»; ma non è necessaria per la salvezza, a meno che non si tratti di un «peccato grave» contro la fede, come l’apostasia dell’Islam.

Gli altri «peccati gravi» che non toccano la fede saranno puniti – salvo una misericordia speciale di Dio – attraverso un soggiorno temporaneo nell’Inferno eterno. Un’interiorizzazione della sua fede porta quindi il credente sincero a esercitare il pentimento. Quali saranno le condizioni necessarie a renderlo effettivo? Quale sarà il motivo formale? Le ultime elaborazioni della «scienza del kalām» esigeranno tre condizioni essenziali: 1) abbandonare la condizione del peccato; 2) pentirsi di fronte a Dio, «per il volto di Dio» (li wajh Allāh) e non a causa di un timore egoistico; 3) adempiere alla ferma risoluzione di non commetterlo mai più3.

È opportuno rilevare che, rispetto a Dio, non possono esistere argomentazioni di «riparazione», poiché il peccato non colpisce Dio. Il peccato, nell’Islam, è ma‘ṣiyya, la «disobbedienza» alla Legge divina, dunque alle prescrizioni positive ordinate da Dio. Non si tratta di una perdita di partecipazione alla Vita divina, cioè alla vita della Grazia. I rapporti dell’uomo con Dio, per quanto esigenti essi siano, restano segnati da una nota di «estrinsecismo».



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