Morbo italico by Franco Cordero;

Morbo italico by Franco Cordero;

autore:Franco Cordero; [Cordero, F.]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: eBook Laterza
ISBN: 9788858110317
editore: edigita
pubblicato: 2013-01-15T00:00:00+00:00


18. Rumori nella stia

Era indetto un vertice dei partiti a Palazzo Chigi sull’agenda governativa: il segretario Pdl lo manda a monte perché due argomenti (Rai e giustizia) disturbano Dominus Berlusco: conversando con un collega, il ministro Andrea Riccardi s’arrischia a dire che mosse simili fanno schifo. Qualcuno capta la battuta: pallido eufemismo, rispetto alla commedia d’Arcore, né gl’interessati tengono da conto figure estetico-morali; stavolta però quarantasei senatori blu insorgono, chiedendo ai superiori un voto che sfiduci l’irrispettoso. Questa lettera 8 marzo svela umori sediziosi: squagliate le magie berlusconiane, molti torneranno nel buio da cui vengono; perciò strepitano e aizzano l’improvvisamente abulico Caimano taumaturgo, invocando miracolose battaglie campali. L’affare muore in ventiquattr’ore ma, visti i precedenti, l’analista accorda qualche chance agl’incendiari. Non hanno limiti le cadute in peggio.

Stride d’impulsi rivoltosi la lettera 8 marzo, dove 46 senatori Pdl chiedono una mozione di sfiducia sul ministro colpevole d’avere detto, conversando privatamente, che una certa politica gl’ispira schifo (alludeva al vertice dei partiti, impedito dal segretario berlusconiano perché l’ex premier considera tabù giustizia e Rai): piccola guerra intestina; i miracolati d’una lunga campagna piratesca rimpiangono la baldoria, sapendosi esclusi dal quadro politico appena normale, perciò insorgono contro l’establishment interno, compromesso nel sostegno al governo cosiddetto tecnico; e spiegano al vento bandiera nera, disgustati del padrone abulico. In chiave d’opera buffa ricordano desperados fascisti nell’incipiente primavera 1945, quando i cautelosi cercavano vie d’uscita, con qualche importante differenza: Alessandro Pavolini, devoto alla «bella morte», aveva titoli intellettuali, inclusa un’opera narrativa quasi sperimentale, Scomparsa d’Angela, lodata dalla critica (inverno 1940). L’incidente è meno futile di quanto lascino intendere i gerarchi sicuri della sopravvivenza, male che vada. I due punti in questione toccano nervi scoperti: l’asta delle frequenze televisive non è materia ignorabile dal governo, impegnato a rompere i privilegi parassitari; e il Senato voterà sul canagliesco ddl con cui la Camera ha congegnato una responsabilità civile diretta dei magistrati, esponendoli a pressioni intimidatorie.

Qui va detto, l’Italia soffre ancora d’una giustizia diseguale. Che i politicamente protetti meritino riguardi, suona ovvio tra Otto e Novecento: caduto l’ancien régime, l’eguaglianza legale risulta lesa in pratica dal rapporto in cui le toghe stanno col potere esecutivo; dove la carriera dipenda dal ministro, solo gli eroi resistono ai suggerimenti. Ottantasei anni fa un orribile delitto diventa materia veniale nel processo Matteotti, tra Roma e Chieti, dov’è finito il dibattimento: Roberto Farinacci, segretario manigoldo del Pnf, difende il capo sgherro omicida; volano insulti al morto e minacce agli oppositori ormai muti. Il cordone ombelicale s’è rotto da poco più d’un mezzo secolo e lunga essendo la memoria nei corpi collettivi, era improbabile una metamorfosi fulminea. Tale fisiologico ritardo spiega come mai la criminalità in colletto bianco sotto ala politica fosse largamente impunita: non che mancassero inquirenti seri e perspicaci, laboriose istruzioni, scoperte importanti; vecchi riflessi mantenevano torpido l’apparato. Corre ancora una metafora: «porto delle nebbie»; così svanivano gravi casi penali surrettiziamente tolti alla sede competente. Nel collasso del regime consortile, vent’anni fa, erompono malaffari sommersi. Spesso sono i coinvolti a denunciarsi. Congiunture



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